All’inizio degli anni novanta, alcuni ricercatori americani andarono per le vie di Santa Cruz, in California, fingendo di essere mendicanti. Come ci si poteva aspettare, quando chiedevano a un passante :“Può darmi qualche spicciolo?” la maggior parte delle persone li ignorava. Se chiedevano “Mi darebbe un quarto di dollaro?” le cose andavano un po’ meglio. Ma quando dicevano: “Avrebbe 37 centesimi?”, incredibilmente il 75 per cento dei passanti glieli dava. Così nacque quella che poi è stata chiamata pique technique (grosso modo, tecnica dello spiazzamento).
È terrificante pensare a come attraversiamo la vita reagendo alle situazioni che ci sono familiari attenendoci sempre allo stesso copione: diciamo “bene” quando ci chiedono come stiamo; mandiamo “cordiali saluti” a sconosciuti nelle email, e borbottiamo “no, mi dispiace” quando qualcuno ci chiede dei soldi.
Ma se spezziamo la routine dando agli altri qualcosa di leggermente più interessante su cui riflettere, la loro reazione diventa imprevedibile.
Scuotersi dal torpore
“È come se il dettaglio insolito li scuotesse da una specie di torpore, e vedessero quel momento come l’inizio di un’interazione invece che come un rumore ambientale da ignorare”, ha scritto di recente Alex Fradera sul blog del Research Digest, riportando i risultati di una nuova meta-analisi che conferma che la tecnica dello spiazzamento funziona.
Una volta uscite dai loro copioni autodifensivi, quasi tutte le persone si dimostrano abbastanza empatiche e generose. Anche se lo so, non riesco a capire perché.
Un tipo di allontanamento dal copione simile a questo e ancora più significativo è quello che gli psicologi chiamano “non complementarità”, cioè il deliberato rifiuto di rispettare gli schemi emotivi e comportamentali che una situazione sembra richiedere.
Tutti gli incontri dipendono, in parte, dal fatto che tutti seguono un copione condiviso anche se non scritto
Uno straordinario esempio di questo meccanismo tratto dalla vita reale lo troviamo sul podcast Invisibilia della National public radio, in cui una cena tra amici a Washington viene interrotta dall’arrivo di un rapinatore armato. Con grande prontezza di spirito, uno degli ospiti gli offre un bicchiere di vino e del formaggio. L’uomo accetta, mette via la pistola e borbotta: “Credo di essere venuto nel posto sbagliato”. Poi abbraccia tutti e se ne va (con il bicchiere di vino).
Questo episodio non dimostra necessariamente che l’amore trionfa sempre sull’odio, ma più semplicemente che anche gli incontri più spaventosi dipendono, almeno in parte, dal fatto che tutti seguono un copione condiviso anche se non scritto. Appena uno dei partecipanti si rifiuta di farlo, la tensione che avrebbe potuto portare a uno scontro, si smonta.
Non sono sicuro che saprei farlo mentre qualcuno mi punta una pistola addosso, ma in situazioni meno rischiose varrebbe la pena provarci. Che succederebbe se reagiste alle continue richieste di rassicurazione di un amico in crisi, negandogliela, o alle pungenti critiche di un coniuge dicendo che forse ha ragione? (è dimostrato che gli psicoterapeuti riescono più facilmente a spingere i loro pazienti a cambiare comportamento se optano per il metodo non complementare, per esempio rifiutandosi di dargli consigli quando glieli chiedono).
Da tutte queste ricerche emerge un dato piuttosto deprimente, e cioè che per la maggior parte del tempo attraversiamo la vita come sonnambuli, ma anche uno più confortante: risvegliarci è sorprendentemente facile.
(Traduzione di Bruna Tortorella)
Questo articolo è uscito sul quotidiano britannico The Guardian.
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