1. Berlinist, Ollie falls asleep

Un singolo di Natale che dura oltre, anche smontate le lucette: è come un incontro nel paese delle meraviglie tra Philip Glass e i Sigur Rós, e può valere per far addormentare bambini e barboncini, o per pensare sereni a qualcuno che ha preso un treno o che se n’è andato per sempre. Loro, saltati fuori dalla scuderia Bad Panda Records su Soundcloud, sono una band barcellonista multiculti stile L’auberge espagnole: una polacca, un cileno, due spagnole, due italiani, qualche xilofono, violini e chitarre e chissà, chissà che faranno uscire dopo questo incanto.

2. The Doors, She smells so nice

“Come on Robbie, play the blues”: è tutto un tiro blu trainato dal lavorio del chitarrista Krieger, quasi un esercizio di Jim Morrison aerobico. Ma è in buona forma tutta la banda Morrison per questo inedito banalotto e acchiappino come la réclame di un deodorante per groupies sognanti. Recuperata dagli avanzi di studio per le session di L.A. Woman, il loro ultimo (e, insieme al primo, migliore) album, che compie quarant’anni benissimo. E merita il suo trattamento beauty con edizione deluxe, inediti, alternaversioni e anteprime Facebook come questa.

3. Loney, Dear, I dreamed about you

Si chiama Emil Svanängen, chiuso per mesi in qualche capanna svedese incide ritaglia stratifica come un Geppetto, e alla fine esce questa musica pop/trascendentale. Prende un luogo comune, “ti ho tanto sognato, sai” o “datti una calmata, figliola”, e lo lavora in filigrana finché sembra la cosa più struggente mai sentita. Che poi suona come un ex Abba in crisi mistica, Björn again? Tra organi celesti e tube pulsanti, Hall music è un album da ascoltare per chi crede nelle emozioni scandinave o almeno in If you leave me now dei Chicago.

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