1. Amari, La ballata del bicchiere mezzo vuoto
“Ti hanno fatto credere che noi siamo una bugia, ma se mentiamo assieme noi facciam sul serio”. Come un verso alessandrino; e “ti hanno detto che ero stronzo da bambino, mi dispiace che non c’eri dal principio”. Metrica nevrotica da esseri irrisolti, a misurare le acidità della vita; e per lenirle, supposte di “pop sbagliato”, morbido e capace di lavorare in profondità. Nel nuovo album Kilometri, gli Amari, friulani, provano a spiegare la provincia a chi sta in Africa; sarà dura, ma nelle loro teste frullano idee da piccoli avventurieri.
2. Daniele Ronda & Folklub, La birra e la musica
Assoluto trascinante inno a un mondo di bicchieri da non lasciare mai mezzi pieni, dall’album La sirena del Po; un mondo al sapor di coppa e nebbia piacentina da affettatrice Berkel, cornamusa, fisarmonica triste e ritmi allegrotti, fanghiglia per arrivare al parcheggio, organetto Hammond, rutto libero e un buonumore di dubbia alcolemia e un grande futuro nelle mazurche. Se si abbraccia questa matrice estetica, è liberatorio lasciarsi andare a questo folkpop celtico-padano da balera compatibile con l’Italia intera.
3. Dropkick Murphys, Out of our heads
Già detonatori della colonna sonora di The departed di Scorsese, cresciuti lì nei pub a Boston, tra ceffi di poliziotti in lutto per i colleghi e abietti club dove si poga dai tempi dei Pogues. Rieccoli con Signed and sealed in blood, altro giro di corsa di sbronze di energia misto punk e celtica, incazzature irlandesi tradizionali e rabbia punk. I pezzi son sempre quelli, l’esecuzione si affina; la potenza di fuoco alcolico-melodica è nel fiore della maturità, come un Bushmills di quelli buoni che al confronto il rocketto medio è Baileys per signore.
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