1. Samantha Crain, For the miner
Quando senti quel basso grassoccio nell’attacco sai subito che è la musica giusta per l’inverno, c’è quel calore semiacustico come quando getti i gusci delle caldarroste nel camino. E poi c’è la voce di lei, per svernare. Nuova incarnazione americana della Ragazza con la chitarra, origini mezze pellerossa e faccia da ragazzino appena sceso dal bus da Oklahoma City, e all’ultimo festival degli alt-fighi Sxsw tutti ai suoi piedi. Sta sbuffando all’orizzonte il suo album Kid face e intanto, in sala d’attesa, fumiamoci il download gratuito su samanthacrain.com.
2. Ilaria Graziano & Francesco Forni, Filibusteria
Ah quanto ci piacciono le canzoni dei pirati, specie quelli poco inclini a condonare la violenza che precisano: “Lasciate le armi lasciate le navi lasciate le teste dei comandanti”, ma poi c’è un banjo che mette ebbrezza e queste due voci che s’intrecciano quasi come Laura Marling e Marcus Mumford e neanche sfigurano se cantano in inglese, come fanno tre volte in tutto l’album Come 2 me, il secondo di fila venuto bene, acustico & easy ma non banale. All’arrembaggio dunque, una nicchia di gloria non sarà negata a questi corsari folk.
3. Willie Nile, American ride
Sembra incredibile, uno che canta le parole “Jersey shore” con la chitarra e non è Springsteen. È un poeta minore, di un anno maggiore e credibile uguale, dai sobborghi di Mobile, Alabama a Clavesana, Langhe. È stato in giro per decenni, ha sfondato notti con Lou Reed, è un compendio d’America rock’n’roll rilegato nella pellaccia del tempo, con la ballata tra i denti e nelle corde. Il suo ultimo album fin dal titolo è una botta di travelogue on the road. Magari già visto ma col sapore giusto, come un Buffalo da brodo che sa di New York e di vita speziata.
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it