1. Giovanni Succi, Diavolo rosso
Si può fare, un ratafià corretto mezcal? Giovanni Succi (da Nizza Monferrato) prende la prosopopea slow di Paolo Conte, la essica, e la stravolge. Il suo album Lampi di macachi è come Breaking bad: il giovane alchimista ruba il ricettario del prof e prova a farci il miscuglione suo. Non che Succi manchi di rispetto: non cambia una sillaba dei testi, e fa bene. Ma poi Bartali pedala su un pianoforte monco, Gelato al limon sa di deserto dark, Questa sporca vita è da Tom Waits zombie. Formule chimiche instabili e corrosive, dal terroir della miglior barbera.
2. New Basement Tapes, When I get my hands on you
Qui le ricette sono del vecchio stregone Bob Dylan (una risma di testi scritti a macchina e mai messi in musica, nel periodo di convalescenza dopo l’incidente in moto nel 1966) recapitate a un altro stregone, T Bone Burnett. Che le affida, per l’album Lost in the river, alla crema del più nobile rock e folk anglosassone: da Elvis Costello a Marcus Mumford, che qui ha il buon senso di lasciare banjo e violini nel granaio e far scherzare Dylan col fuoco di Can’t get my eyes off you di Gloria Gaynor. Ne esce un misterioso insolito blues.
3. Rete co’mar, Viva la pappa col pomodoro
Qui invece la ricetta è tramandata da generazioni: la pietanza adulterata col bromuro di Gian Burrasca e col carisma di Rita Pavone, rielaborata (da un collettivo partenopeo nel nuovo album Tutti fuori) in chiave di salsa alla pummarola, per masticare revolución e colazión in un’unica poltiglia da cabaret. “La pancia che borbotta è causa del complotto”: essere a stomaco vuoto è la via maestra per rivoltarsi contro il magna magna altrui, e questo è quel che unisce giamburrasca e masanielli del mondo intero.
Questo articolo è stato pubblicato il 19 dicembre 2014 a pagina 94 di Internazionale, con il titolo “Breaking pappa”. Compra questo numero | Abbonati
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