1. Laura Marling, Howl
Un blues sommesso tra i lupi, una donna volutamente persa nella natura (un po’ Wild un po’ Leopardi); un album, Short movies, con molta cura di pochi dettagli. È sempre stata cantante da luna e da falò, ma adesso, con cautela, ha deciso di adottare un po’ di elettricità. Non è una svolta epocale dylaniana, ma una svolta drammatica nel suo mondo pastorale. Noi la vediamo sempre più intrisa di forza tranquilla, staccare dal gruppo di venditori di paccottiglia folk e bevitori di tè allucinogeni, lei che naviga una sua strada nuova sulle linee del canto.

2. Tom Brosseau, Take fountain
Un cantautore del North Dakota con una sparuta band (la batteria, un basso, eccetera) in un vecchio cinema di Bristol usato come una miniera, a scavare purezza di suono e di ballate, a simulare l’irregolarità di una performance dal vivo, senza per forza dover fare i conti con un pubblico. Ballate dignitose, memorie, ricordi, la messinscena di un sé, l’album Perfect abandon, buono per quando uno ha voglia di calma, di dolcezza, di racconti tra l’aneddoto e la storia lacerante. Tutti al cinema con Tom, dal vivo in Italia nei prossimi giorni.

3. Maldestrofeat. Peppe Barra, ’Na fenesta
Un’intro di Peppe Barra già è tanta roba. Chiunque sia Maldestro, poi, è già un piccolo maestro, e certamente troppo giovane per dire “’e rughe so’ carezze dê femmene sbagliate”, ma lo dice, con la sfrontatezza dei fuoriclasse da piccoli, e il suo album Non trovo le parole le trova eccome, intorno a un fiorire di bouzouki e violoncelli, con la stessa capacità di espugnarle a suon di lune di Méliès, alzate di gomito scozzesi e malamori annegati da pioggia e poesia. Di quelli che ti fa piacere ascoltare anche se si strappano il cuore.

Questo articolo è stato pubblicato il 10 aprile 2015 a pagina 92 di Internazionale, con il titolo “Lune cantanti”. Compra questo numero | Abbonati

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