Di solito l’appuntamento annuale con l’assemblea dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) interessa solo gli esperti del settore dei 194 paesi che ne fanno parte. Quest’anno, invece, l’appuntamento minaccia di trasformarsi in un campo di battaglia geopolitico. Un po’ come è piano piano accaduto anche alla pandemia di covid-19.

Sembra scontato che gli Stati Uniti di Donald Trump vogliano scatenare una polemica durante le due giornate di videoconferenza. Trump, che fino a gennaio si congratulava con il suo collega cinese Xi Jinping per il lavoro svolto contro il virus, conduce ormai una campagna sistematica contro la Cina.

Nel fine settimana il presidente degli Stati Uniti ha dato il via allo scontro esprimendo su Twitter la sua irritazione per il fatto che la Cina, malgrado la sua vasta popolazione, versi all’Oms una cifra irrisoria rispetto a Washington. Nel frattempo il presidente ne ha approfittato per parlare nuovamente di un “flagello arrivato dalla Cina”, sicuro di provocare Pechino e di compiacere i suoi elettori.

Riforma non distruzione
Trump non è l’unico a criticare l’Oms. Diversi governi ed esperti del settore ritengono che l’organizzazione sia stata troppo titubante, abbia tardato eccessivamente prima di riconoscere la trasmissione del virus tra umani e abbia permesso a Pechino di stabilire il momento in cui dichiarare l’allerta sanitaria internazionale, una decisione cruciale. Alcuni governi rimproverano alla Cina la sua mancanza di trasparenza, la sua ferma opposizione alla partecipazione di Taiwan all’Oms e così via.

Tuttavia la maggioranza degli stati membri ritiene che in piena pandemia non sia il caso di mettere sotto accusa l’Oms e il suo direttore generale, il dottor Tedros Adhanom Ghebreyesus, ma di impegnarsi insieme nella lotta contro il virus (in particolare nel campo dei vaccini e delle terapie) e preparare una riforma dell’organizzazione, non la sua distruzione.

Come si potrebbe rendere l’Oms meno dipendente dai rapporti di forza tra le grandi potenze?

Nata dopo la seconda guerra mondiale, l’Oms è di fatto l’unica organizzazione internazionale dedicata alle questioni sanitarie. Oggi è evidente quanto il tema sia cruciale, esistenziale e transnazionale. Se l’Oms non esistesse bisognerebbe inventarla. Magari con alcune modifiche…

Il principale punto debole dell’Oms è quello di essere, come tutte le istituzioni delle Nazioni Unite, il riflesso dell’andamento dei rapporti internazionali. Quando questi rapporti sono tesi, come accade in questo momento, le agenzie dell’Onu ne subiscono le ripercussioni. Trattandosi di sanità pubblica mondiale, le conseguenze sono disastrose.

Come si potrebbe rendere l’Oms meno dipendente dai rapporti di forza tra le grandi potenze? Nel 2005, dopo l’epidemia di Sars, gli stati avevano migliorato il regolamento sanitario internazionale, la “bibbia” dell’Oms, conferendo all’organizzazione un certo potere sovranazionale. Tuttavia, come emerge chiaramente nel contesto attuale, l’Oms non ha usato questo potere. Si tratta senza dubbio di una grande contraddizione.

In ogni caso sono argomenti delicati che meriterebbero un dibattito reale, non certo il misero spettacolo dello scontro ideologico della nuova guerra fredda. E in tutto questo il covid-19 c’entra davvero poco.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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