Samarcanda, in Uzbekistan, una delle tappe dell’antica via della seta, accoglie il 15 settembre un vertice la cui importanza è testimoniata dalla presenza del presidente cinese Xi Jinping. Si tratta del primo viaggio all’estero del leader cinese dopo l’inizio della pandemia, ormai due anni e mezzo fa.
Il vertice avrà un’atmosfera da “fronte antioccidentale”, con la partecipazione di Vladimir Putin, in piena guerra ucraina, del presidente iraniano Ebrahim Raisi, impegnato in un braccio di ferro sul programma nucleare, del capo di stato turco Recep Tayyip Erdoğan, membro della Nato, ma cavaliere solitario nelle sue avventure diplomatico-militari, e del primo ministro indiano Narendra Modi, che sull’Ucraina ha preso le distanze dagli occidentali.
L’occasione è il vertice annuale dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Ocs), una struttura nata senza troppo clamore una ventina d’anni fa per mettere in sicurezza l’Asia centrale, con Russia e Cina a fare da madrine. Nel frattempo, però, l’Ocs è cresciuta, superando i propri limiti per diventare progressivamente uno strumento d’influenza cinese. Non si tratta di un’alleanza nel senso formale del termine, ma di una struttura flessibile e senza obblighi.
Equilibri sottili
Il primo obiettivo del vertice è quello di dimostrare che nel mondo attuale gli anatemi e le sanzioni dell’occidente non sono sufficienti per isolare un paese. I mezzi d’informazione cinesi sottolineano il fatto che il vertice di Samarcanda riunisce i rappresentanti del 41 per cento della popolazione mondiale e del 24 per cento della ricchezza planetaria. Si tratta evidentemente di un dato significativo.
Il secondo obiettivo è più complesso e consiste nel coordinamento e nella definizione di posizioni comuni in un momento di crisi acuta, segnato dalla guerra russa in Ucraina e dalle tensioni sino-americane, soprattutto a proposito di Taiwan.
L’elemento in comune al vertice è la volontà di rimettere in discussione il presunto dominio occidentale sul mondo
La difficoltà nasce dal fatto che, al di là della postura antioccidentale, gli interessi dei paesi coinvolti non sempre coincidono, a cominciare dall’ambiguità del rapporto tra Cina e Russia. Xi e Putin si incontreranno a Samarcanda per la seconda volta nel 2022, ma la Cina continua a evitare accuratamente di farsi trascinare nella guerra in Ucraina pur sostenendo il Cremlino. È un equilibrio sottile.
In ogni caso un’alleanza più formale non è all’ordine del giorno, soprattutto se prendiamo come modello la Nato, con la sua integrazione militare. Perfino tra Russia e Cina uno sviluppo simile non è d’attualità. L’amicizia tra i due paesi, infatti, non impedisce che persistano la sfiducia e perfino la rivalità, soprattutto in Asia centrale.
Nel frattempo i mezzi d’informazione cinesi descrivono l’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai come un ambiente in cui saranno definite “nuove norme internazionali”, forme alternative di organizzazione del mondo e perfino “nuove forme di civilizzazione umana”, un obiettivo piuttosto ambizioso.
La sintesi di tutto questo è che l’elemento in comune tra i partecipanti al vertice è la volontà di rimettere in discussione il presunto dominio occidentale sul mondo. Tocca agli occidentali tenere conto di questo sentimento critico che abbiamo visto emergere dopo lo scoppio della guerra in Ucraina e che è strumentalizzato dalle potenze revisioniste come Russia e Cina.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
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