L’aumento della tensione provocato dalla decisione di Germania e Stati Uniti di consegnare carri armati pesanti all’Ucraina, annunciata il 25 gennaio, alimenta una sensazione di déjà-vu. Dall’inizio dell’invasione russa, undici mesi fa, ogni tappa dell’escalation nella consegna di armamenti forniti all’esercito di Kiev ha prodotto sempre le stesse esitazioni, poi contraddizioni pubbliche e infine una decisione presa sotto pressione. Di sicuro la situazione attuale si ripeterà in futuro.

È successo all’inizio del conflitto con il trasferimento di apparecchi di epoca sovietica in possesso degli eserciti dell’Europa centrale e orientale; poi con l’artiglieria a lunga gittata e nuovamente con i lanciamissili e le batterie antiaeree Patriot. Ogni volta si è verificata una doppia esitazione: da un lato la paura di provocare Mosca e ritrovarsi impelagati in un conflitto allargato, dall’altra i dubbi di natura operativa.

In ogni occasione la paura della reazione russa si è rivelata infondata, anche quando Vladimir Putin ha promesso che non stava “bluffando” o quando l’ex presidente Dmitrij Medvedev ha dichiarato che la consegna di Patriot avrebbe trasformato gli occidentali in “bersagli legittimi”. Niente di tutto ciò è successo.

Corsa contro il tempo
L’argomentazione che ogni volta risulta decisiva è quella dell’evoluzione del conflitto sul campo, passato da una fase difensiva a una offensiva e infine a una linea del fronte relativamente stabile su circa mille chilometri. Nei prossimi mesi si prevede un’offensiva massiccia da entrambe le parti, per cercare di riconquistare una posizione di vantaggio.

La Russia ha mobilitato 300mila reclute (forse ne arriveranno altri nell’immediato futuro) e punta sul suo rullo compressore per imporsi. L’Ucraina, invece, dipende largamente dalla superiorità tecnologica dei suoi armamenti, ovvero quelli che riceve dagli occidentali. È in atto una corsa contro il tempo in vista della primavera e del disgelo.

Appena arrivato il via libera sui carri armati, si comincia subito a parlare degli aerei

Gli occidentali si sono impegnati sempre di più in questo processo e testano via via le reazioni russe e la capacità degli ucraini di fare buon uso delle armi ricevute. L’Ucraina però vuole più armi e più in fretta.

Ad aprile, due mesi dopo lo scoppio della guerra, un funzionario ucraino chiedeva “aerei militari, carri armati, missili, sistemi di difesa antiaerea, missili anticarro, eccetera…” Uno dopo l’altro, questi armamenti sono arrivati in Ucraina. L’appello di Kiev è stato accolto, anche se più lentamente di quanto avrebbero voluto gli ucraini.

Appena arrivato il via libera sui carri armati, si comincia subito a parlare degli aerei. Il 25 gennaio il ministro degli esteri ucraino Dmytro Kuleba ha chiesto “aerei da combattimento occidentali”. Il governo olandese ha fatto sapere di valutare l’invio degli F-16 di fabbricazione statunitense.

C’è una logica precisa in questa escalation permanente: gli occidentali sono ormai troppo coinvolti in Ucraina per permettere una sconfitta di Kiev. Una vittoria di Putin, infatti, avrebbe conseguenze troppo gravi sul rapporto di forze internazionale, in Europa ma anche nel resto del mondo.

Tappa dopo tappa, l’Ucraina ottiene le armi moderne che aveva chiesto all’inizio della guerra: un sostegno costante che la Russia non aveva sicuramente previsto lo scorso 24 febbraio.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it