Bezalel Smotrich vorrebbe mettere a ferro e fuoco i territori palestinesi. Il ministro delle finanze israeliano non è nuovo a questo genere di dichiarazioni incendiarie, eppure quella rilasciata la sera del 19 marzo a Parigi ha provocato sgomento.

Il leader dell’estrema destra, residente in una colonia in Cisgiordania e nominato ministro nella coalizione guidata Benjamin Netanyahu, ha espresso chiaramente il suo pensiero: “Il popolo palestinese è un’invenzione che ha meno di cent’anni di vita. Hanno una storia o una cultura? No, non le hanno. I palestinesi non esistono, esistono solo gli arabi”.

Come se le parole non fossero sufficienti, il podio da cui ha parlato il ministro era addobbato con una mappa del “Grande Israele” che oltre alla Cisgiordania comprendeva anche il regno di Giordania, con cui tra l’altro lo stato ebraico ha firmato un trattato di pace.

Una posizione già nota
Smotrich è un individuo coerente. Pensava queste cose già prima di essere al governo e le ha ripetute una volta diventato ministro. A essere cambiato è il peso delle sue parole, in questo caso pronunciate durante un omaggio parigino a Jacques Kupfer, morto nel 2021. Kupfer era un dirigente dell’estrema destra, in Francia e poi in Israele, nemico degli accordi con i palestinesi.

Negare l’esistenza di un altro popolo dovrebbe essere un tabù infrangibile per un leader di Israele. Eppure non si tratta di una posizione nuova. Nel 1969, due anni dopo che la guerra dei sei giorni garantisse a Israele il controllo dei territori palestinesi, la prima ministra Golda Meir aveva dichiarato che “i palestinesi non sono mai esistiti”, per poi aggiungere qualche tempo dopo: “Come potremmo restituire i territori occupati? Non c’è nessuno a cui restituirli”.

L’Unione europea, tramite il capo della sua diplomazia Josep Borrell, ha invitato il governo israeliano a sconfessare il suo ministro

Nel 1993 Israele aveva finalmente trovato qualcuno a cui restituirli firmando gli accordi di Oslo con Yasser Arafat. Ricordiamo ancora la famosa stretta di mano tra il capo dell’Olp e il primo ministro israeliano Yitzhak Rabin. Ma nel 1995 Rabin è stato assassinato, e con lui è scomparsa anche la speranza nella pace e nell’esistenza dei due stati. L’estrema destra religiosa in Israele ha una grande responsabilità per quella fine tragica.

Il 20 marzo il primo ministro palestinese e il governo giordano hanno reagito con rabbia. L’ambasciatore israeliano ad Amman è stato convocato. L’Unione europea, tramite il suo capo della diplomazia Josep Borrell ha invitato il governo israeliano a sconfessare il suo ministro.

L’aspetto più inquietante è che proprio mentre Smotrich parlava a Parigi, i funzionari israeliani e palestinesi erano riuniti ad Amman con i rappresentanti dell’Egitto, della Giordania e degli Stati Uniti per cercare di accordarsi sui piani di sicurezza che appaiono minacciati alla vigilia del Ramadan. Dall’inizio dell’anno sono più di un centinaio le persone, in grande maggioranza palestinesi, che hanno perso la vita in scontri o attentati.

Le dichiarazioni di Smotrich dimostrano che una parte della coalizione israeliana non teme una crisi. Anzi, la auspica, nella speranza di completare una nuova tappa nella sua missione di conquista aggressiva dei territori palestinesi.

Negando l’identità palestinese si scollegano le persone dalle loro terre. Il sogno degli estremisti è quello di poter espellere i palestinesi verso altri paesi arabi, perché secondo la destra non hanno una terra propria. È un gioco pericoloso, anche per gli stessi israeliani.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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