L’esercito israeliano ha di fatto assunto il controllo del nord della Striscia di Gaza. Buona parte della popolazione è stata spinta a rifugiarsi nel sud, mentre chi è rimasto si trova in una situazione drammatica: quasi tutti gli ospedali hanno smesso di funzionare e le operazioni militari sono incessanti.

Il 16 novembre Israele ha mostrato il primo segnale della volontà di estendere l’offensiva contro Hamas nel sud della Striscia. L’aviazione israeliana ha lanciato dei volantini su quattro località attorno al grande campo profughi di Khan Yunis, raccomandando agli abitanti di evacuare le loro abitazioni.

Ma dove dovrebbero andare queste persone? Già prima dell’invasione la Striscia di Gaza aveva una delle densità di popolazione più alte al mondo. Ora l’arrivo di centinaia di migliaia di sfollati dal nord, in un contesto di guerra e senza acqua, medicine e impianti sanitari, crea una situazione umanitaria disastrosa.

Gli ospedali di Gaza sotto attacco
Israele ha preso di mira le strutture sanitarie, in particolare Al Shifa, la più importante della Striscia. Medici, pazienti e sfollati che si erano rifugiati lì sono stati costretti ad andarsene

Israele ipotizza la creazione di una “zona sicura” nella zona sudoccidentale della Striscia, lungo la costa del Mediterraneo. Tuttavia, il 16 novembre diverse agenzie delle Nazioni Unite, in un comunicato congiunto, hanno rifiutato questa proposta.

Le agenzie ritengono infatti che “nessuna zona sicura sia veramente sicura se è stabilita unilateralmente o se è imposta da una forza armata”, e sottolineano che una zona sicura andrebbe negoziata. L’Onu ha già perso più di cento dipendenti a causa dei bombardamenti israeliani.

Questo braccio di ferro tra istituzioni rispettate come l’Unicef o l’Oms e un esercito in guerra è fuori dalla norma e rivela la spaccatura sempre più grande creata dal tipo di guerra condotto da Israele.

Mercoledì Joe Biden ha dichiarato che non chiederà un cessate il fuoco fino a quando Israele non avrà neutralizzato la capacità militare di Hamas, ma allo stesso tempo continua a invitare l’esercito israeliano a non colpire i civili, cosa letteralmente impossibile in questo tipo di conflitto.

L’estensione della guerra nel sud di Gaza potrebbe creare un contrasto tra Israele e il suo alleato statunitense. Un funzionario israeliano ha sottolineato che lo stato ebraico ha tre settimane di tempo prima che le pressioni comincino a farsi sentire. Se l’esercito israeliano deciderà di avanzare verso sud, i tempi potrebbero accorciarsi.

Finora Israele ha condotto la sua guerra senza preoccuparsi minimamente delle reazioni internazionali, spinto da una popolazione unita dopo gli orrori del 7 ottobre. Tuttavia, un’incursione terrestre nel sud comporterebbe un rischio tanto politico quanto militare. Un’azione nel dedalo dei vicoli di Khan Yunis, sovraffollati a causa dell’arrivo degli sfollati del nord e in condizioni umanitarie sempre peggiori, incontrerebbe seri problemi, senza alcuna garanzia di distruggere davvero Hamas.

I volantini lanciati nel sud sembrano indicare che il governo israeliano abbia preso la sua decisione, mettendo gli alleati occidentali in una situazione che potrebbe diventare insostenibile. Sarà il momento della verità in una guerra che sta sconvolgendo il mondo intero.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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