È una vicenda le cui conseguenze sono incalcolabili. L’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che da più di settant’anni si occupa di fornire assistenza umanitaria ai profughi palestinesi, è al centro di una tempesta potenzialmente micidiale.

Israele ha infatti accusato dodici dipendenti palestinesi dell’Unrwa a Gaza di aver avuto un ruolo negli attacchi di Hamas contro Israele del 7 ottobre, un’affermazione evidentemente gravissima. L’Unrwa ha immediatamente sospeso nove degli accusati, mentre un altro è morto e l’identità degli altri due non si conosce. Nel frattempo è stata avviata un’inchiesta interna.

Ma questo non basta a spegnere l’incendio. Gli Stati Uniti hanno subito sospeso i finanziamenti all’agenzia, come una decina di paesi occidentali, tra cui il Regno Unito e l’Italia. La Francia prima ha sottolineato con soddisfazione l’annuncio dell’inchiesta, poi ha comunicato che nel semestre in corso non è stato stanziato alcun finanziamento da parte di Parigi. Queste prese di posizione, a loro volta, hanno fatto scandalo.

Il quadro generale è quello della tragedia umanitaria in corso nella Striscia di Gaza. I morti sono ormai più di 26mila, mentre oltre due milioni di palestinesi sono privi di ogni risorsa, bombardati e in fuga dalla guerra da una parte all’altra del territorio.

Tagliare i finanziamenti per gli aiuti somiglia a una condanna a morte di queste persone, come hanno sottolineato il governo norvegese, l’ong Medici del mondo e il direttore dell’Unrwa, lo svizzero Philippe Lazzarini, che si è detto “sconvolto” e ha parlato di “punizione collettiva”.

Il contesto è anche quello della sentenza emessa il 26 gennaio dalla Corte di giustizia internazionale a proposito delle denuncia presentata dal Sudafrica contro Israele per aver violato la convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio, firmata da Israele. Il tribunale ha scelto un verdetto salomonico che non soddisfa nessuno, frustrando i palestinesi perché non è stato chiesto un cessate il fuoco immediato, e facendo infuriare gli israeliani perché ha ritenuto fondata la denuncia. La corte ha ordinato a Israele di fare il possibile per impedire un genocidio, soprattutto evitando di ostacolare gli aiuti umanitari.

Nella stessa giornata della sentenza sono arrivate le accuse contro l’Unrwa. Il capo della diplomazia israeliana ha perfino giurato che escluderà l’Unrwa da qualsiasi discussione sul dopoguerra.

Il 29 gennaio il segretario generale dell’Onu António Guterres ha invitato i paesi che hanno deciso di tagliare i fondi a riconsiderare la propria scelta, sottolineando che da febbraio non ci sarà più nessuno nelle condizioni di garantire aiuti ai civili palestinesi.

L’accusa contro i dipendenti dell’Unrwa è evidentemente molto seria, ma le reazioni occidentali sono altrettanto cariche di conseguenze, soprattutto se consideriamo che nessuno ha pensato di aspettare di capire se si tratti di un atto individuale commesso da dodici persone (su un personale composto da 13mila dipendenti) o se invece è un problema strutturale, come sostiene Israele.

Attaccare l’Unrwa significa far saltare il banco senza aver minimamente affrontato le cause del problema palestinese, rafforzando nel frattempo il sospetto che quando si parla di Israele e dell’occidente è adottato un sistema di due pesi e due misure. In ogni caso tutto questo non fa bene alla causa della pace.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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