Ai confini dell’Unione europea c’è un paese alle prese con la scelta tra un destino europeo e l’influenza della Russia di Vladimir Putin. Se questa descrizione vi fa pensare all’Ucraina, non è un caso. La Georgia, infatti, vive un periodo turbolento che per molti aspetti ricorda la crisi ucraina che ha preceduto la guerra.

La sera del 30 aprile la capitale Tbilisi ha vissuto nuovi scontri tra le forze dell’ordine e migliaia di manifestanti che si oppongono a una norma che definiscono “legge russa”. Si tratta di un testo direttamente ispirato alla legge sui cosiddetti agenti stranieri in Russia, il cui obiettivo è quello di ridurre il margine di manovra della società civile e non farle arrivare i finanziamenti dall’estero.

“Ci opponiamo a tutto ciò che ci separa dall’Unione europea”, ha dichiarato uno dei giovani leader del movimento contro il disegno di legge. A dicembre la Georgia ha ottenuto lo status di paese candidato all’ingresso nell’Unione europea, ma il 1 maggio i vertici di Bruxelles hanno fatto presente che la nuova legge allontana Tbilisi dall’adesione.

Per capire la posta in gioco bisogna allargare l’orizzonte: la Georgia fa parte degli stati rimasti orfani dopo il crollo del blocco sovietico. I paesi baltici e gli altri stati dell’Europa centrale e orientale sono rapidamente entrati nell’Unione europea e nella Nato, mentre più a est l’Ucraina, la Bielorussia, la Georgia e la Moldova sono rimaste fuori da ogni alleanza e alla mercé della pressione russa. Oggi l’esercito di Mosca occupa una parte dell’Ucraina, della Georgia e della Moldova, mentre la Bielorussia è stata interamente assorbita nell’orbita russa.

Dopo l’invasione dell’Ucraina, a febbraio del 2022, gli eventi hanno subìto un’accelerata. La Moldova e l’Ucraina hanno compiuto i primi passi verso l’adesione all’Unione europea.

Resta la Georgia, candidata all’adesione ma nelle mani di un governo vicino al Cremlino. L’uomo che opera nell’ombra a Tbilisi, Bidzina Ivanishvili, ha accumulato un’enorme ricchezza in Russia e oggi impone al paese un autoritarismo crescente ispirato ai metodi di Putin. Questo è il contesto in cui si sviluppa la crisi attuale.

Per il momento si tratta di una crisi politica, tra una popolazione favorevole all’integrazione europea e un governo populista sempre più autoritario. In vista delle elezioni legislative che si terranno in autunno, l’attuale giro di vite è un primo passo per assicurare la riconferma del partito Sogno georgiano.

La legge russa è diventata l’oggetto del braccio di ferro tra i cittadini e le autorità. Salomé Zourabichvili, presidente georgiana dai poteri limitati, si oppone al testo e ha diritto di veto, ma il governo può contare su un sostegno sufficiente in parlamento per forzare la mano.

La crisi ricorda l’Ucraina prima della rivoluzione di Maidan del 2014, che ha sancito la sconfitta di chi non voleva riavvicinare Kiev all’Europa. Sappiamo bene com’è andata a finire e quanto sia stata tragica l’evoluzione della vicenda. L’Unione non ha molti strumenti per influenzare la situazione in Georgia, a parte il fatto di essere una fonte d’ispirazione e speranza per i manifestanti. Questo aspetto non va dimenticato.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it