La Francia non è l’unico stato in cui l’estrema destra ha ottenuto grandi risultati alle elezioni europee. Certo, sono pochi i paesi del continente in cui queste forze hanno inflitto una sconfitta così pesante al partito di governo, ma la loro ascesa è un fenomeno diffuso.
In Germania l’Alternative für Deutschland (Afd), che perfino Marine Le Pen considera troppo radicale per coabitare all’interno dello stesso gruppo, è stato il secondo più votato del paese. L’Afd ha superato i tre partiti della coalizione di governo: un’umiliazione pesante per il cancelliere Olaf Scholz. Eppure resta il fatto che al primo posto si è piazzata la destra classica, quella dell’Unione cristianodemocratica (Cdu).
Osservando i risultati elettorali si rischia di avere un’illusione ottica. La fisionomia del prossimo parlamento europeo, infatti, non sarà così diversa da quella del precedente. Le due coalizioni rivali di estrema destra crescono, ma non ribaltano la situazione. Anche sommando i loro seggi, infatti, non cambierebbe nulla.
Prima di tutto bisogna notare che le due principali formazioni politiche del parlamento restano il Partito popolare europeo (Ppe, centrodestra, di cui fanno parte la Cdu e I repubblicani francesi) e i socialdemocratici, il cui numero di seggi non è cambiato molto. Solo il gruppo liberale, dominato dal partito di Macron, ha fatto registrare un forte calo. La conseguenza è che l’influenza francese sarà minore.
L’illusione ottica sta nel fatto che questo equilibrio modificato marginalmente non rappresenta il peso reale dell’estrema destra, che fa parte delle coalizioni di diversi governi e può modificare i rapporti di forze all’interno del Consiglio europeo, ovvero l’istituzione in cui si prendono le decisioni più importanti.
Oggi i partiti di estrema destra e quelli populisti governano in molti stati europei, facendo parte dell’esecutivo o sostenendolo. L’ultimo caso in ordine di tempo è quello dei Paesi Bassi e della formazione di Geert Wilders. Il suo Partito per la libertà è il centro della coalizione che guida il paese, anche se alle europee è stato superato dall’alleanza verdi-sinistra.
Nel corso della settimana dovrebbero partire le trattative per i cosiddetti top jobs, ovvero gli incarichi chiave dell’Unione europea (presidenze della Commissione, del Consiglio e del parlamento). Il 17 giugno il primo vertice dell’Unione dovrebbe dare il tono a questo processo, mentre le decisioni dovrebbero arrivare alla fine del mese, il 27 e il 28 giugno.
Ma lo scacchiere politico europeo è piuttosto mobile. La presidente della Commissione in carica, Ursula von der Leyen, ha fatto capire di voler cambiare l’equilibrio europeo, suggerendo la possibilità di un’alleanza con Giorgia Meloni. Non è detto che allo stadio attuale questa strada sia percorribile, ma anche se la maggioranza uscente composta da conservatori e socialdemocratici dovesse essere riconfermata (ipotesi più che plausibile), il peso dei governi guidati o sostenuti dall’estrema destra complicherà l’avanzamento dell’Europa. E bisognerà capire cosa succederà alle imminenti elezioni francesi.
Paradossalmente la Polonia, nelle mani dei populisti fino all’anno scorso, ha premiato il centrodestra. Il primo ministro Donald Tusk ha pubblicato un breve commento su Twitter: “I cattivi politici sono eletti dai cittadini che restano a casa”. Una dichiarazione che merita una riflessione, considerando che metà degli elettori europei ha scelto di astenersi.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it