Arrivata alla veneranda età di 75 anni, l’Organizzazione del trattato dell’Atlantico del nord, o più semplicemente Nato, è l’alleanza militare più potente della nostra epoca. Ne fanno parte 32 paesi (tra cui tre potenze nucleari) situati da una parte e dall’altra dell’Atlantico: dagli Stati Uniti, primo esercito del mondo, fino alle ultime due arrivate, Svezia e Finlandia, spinte ad abbandonare la loro tradizionale neutralità dall’invasione dell’Ucraina da parte della Russia.

Ma dietro le celebrazioni, in programma questa settimana a Washington, si nascondono problemi esistenziali che rischiano di rovinare la festa. Il primo, evidentemente, riguarda “l’età del capitano” Joe Biden, ospite del vertice e le cui capacità cognitive sono state messe nuovamente in discussione dopo il disastroso dibattito televisivo con Donald Trump. Tutti i partecipanti osserveranno con discrezione Biden per farsi un’idea delle sue condizioni, anche se l’argomento non verrà mai affrontato esplicitamente. La posta in gioco è enorme: se Donald Trump dovesse vincere le presidenziali in programma il 5 novembre, per la Nato sarebbe un salto nel vuoto.

Già in occasione del suo primo mandato alla Casa Bianca, Trump aveva minacciato di rinnegare l’alleanza, e oggi nessuno sa davvero cosa potrebbe fare se fosse eletto. A febbraio l’ex presidente ha sconvolto gli europei dichiarando che non difenderebbe i paesi che non rispettano l’impegno di dedicare almeno il 2 per cento del Pil alla difesa, arrivando a proclamare scherzosamente che avrebbe invitato la Russia ad attaccarli. La battuta non ha fatto ridere nessuno.

La paura del ritorno di Trump ci porta alla seconda fragilità dell’alleanza: la debolezza del “pilastro europeo”. I paesi del vecchio continente hanno affidato per decenni la loro sicurezza all’ombrello americano. L’invasione dell’Ucraina decisa da Putin nel 2022 ha segnato un momento di risveglio, ma siamo ancora lontani da una svolta.

Immaginiamo che Trump ritiri davvero gli Stati Uniti dalla Nato. Gli europei sarebbero in condizione di assicurare da soli il sostegno di cui l’Ucraina ha bisogno? È poco probabile. Possiamo credere che saprebbero difendere la sicurezza del fianco orientale dalle mire della Russia? Anche in questo caso è uno scenario improbabile, anche se paesi come la Polonia stanno facendo sforzi considerevoli negli investimenti per la difesa.

Pure questo argomento sarà assente dalle conversazioni del vertice di Washington, perché parlarne sarebbe indelicato nei confronti di Biden, che resta avvinghiato alla sua candidatura. Ma di sicuro il problema sarà nella mente di tutti. La difficoltà, in questo caso, nasce dal fatto che il leader più impegnato a sostenere “l’autonomia strategica” dell’Europa e l’idea di un “pilastro europeo” strutturato all’interno dell’alleanza per preparare il futuro è Emmanuel Macron. Ma il presidente francese arriva a Washington molto indebolito dalla scommessa persa delle elezioni anticipate e dalla paralisi politica a Parigi.

La Francia, grazie alla sua storia particolare ai tempi del generale De Gaulle, è stata guardata a lungo con sospetto dagli altri stati dell’alleanza, convinti che Parigi intendesse indebolire la Nato. Putin e Trump hanno cambiato questa percezione, ma ora è la Francia a non essere più all’altezza del ruolo.

A causa di tutti questi problemi il vertice di Washington sarà un appuntamento solo in apparenza di festa e celebrazione, incentrato prima di tutto sull’Ucraina e sulla guerra contro la Russia alle porte della Nato. L’alleanza sostiene massicciamente Kiev, ma cosa accadrà dopo le elezioni statunitensi? Questa settimana, a Washington, nessuno avrà una risposta credibile.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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