Il 10 settembre si apre a New York l’assemblea generale delle Nazioni Unite, un evento che mi lascia piuttosto perplesso. Oggi il mondo vive due grandi guerre in Ucraina e Medio Oriente, oltre ad altri conflitti drammatici come quello in Sudan e a guerre potenziali come quella che minaccia di esplodere nel mar Cinese meridionale. Eppure le Nazioni Unite, la cui missione principale dovrebbe essere proprio quella di disinnescare i conflitti, sono impotenti.

Il motivo lo conosciamo bene: la paralisi del Consiglio di sicurezza, l’organo supremo dell’organizzazione in cui cinque paesi – Cina, Stati Uniti, Francia, Regno Unito e Russia – dispongono di un diritto di veto creato nel 1945 come un’assicurazione sulla vita. Se gli europei non ne abusano, le altre grandi potenze lo usano regolarmente per proteggere i loro amici, o nel caso della Russia per coprire i propri crimini in Ucraina. Dimenticatevi dunque il Consiglio di sicurezza fino a quando le due guerre che lo riguardano direttamente o indirettamente andranno avanti.

L’assemblea generale è un’altra storia. È l’istituzione al centro della democrazia mondiale, che tocca ogni paese, grande o piccolo che sia, dalle potenze nucleari alle isole Fiji. È qui che tutto dovrebbe decidersi, ma c’è un problema: il mondo se ne frega di quello che succede all’assemblea, le cui risoluzioni non hanno alcun valore vincolante. L’assemblea generale parla, ma nessuno ascolta.

C’è stato un tempo in cui i capi di stato si presentavano regolarmente all’appuntamento annuale di settembre, non per conoscere l’esito delle votazioni ma per ascoltare le dichiarazioni principali e confrontarsi tra loro dietro le quinte. Ma oggi, in un contesto di enorme tensione, la diplomazia dei corridoi ha perso interesse.

Che fare? Bisognerà rassegnarsi a vedere morire le Nazioni Unite come era già successo negli anni trenta con il loro predecessore, la Società delle nazioni? Dobbiamo accettare il rischio di una guerra mondiale? Se riprendiamo la storia del secolo scorso, ricordiamo che la Società delle nazioni era stata fondata dopo il primo conflitto mondiale per impedire il ritorno della guerra. Sappiamo bene com’è andata a finire. Dopo la seconda guerra mondiale le Nazioni Unite hanno ricevuto maggiori poteri, tra cui la possibilità d’imporre sanzioni e inviare i caschi blu, ma oggi siamo costretti a constatare che anche in questo caso non ha funzionato.

Il sistema immaginato nel 1945 – senza la partecipazione dei paesi colonizzati e di quelli sconfitti, con la protezione dei più forti attraverso il diritto di veto – ha creato solo l’ennesima impasse carica di pericoli.

I primi due tentativi di creare un governo internazionale, la Società delle nazioni e l’Onu, sono stati il prodotto di due guerre mondiali. La posta in gioco dei conflitti attuali è nuovamente la creazione di un rapporto di forze globale, tra gli occidentali ormai sulla difensiva, le potenze autoritarie in azione e un sud del mondo che reclama il suo posto al tavolo.

Da queste tensioni dirette e indirette nascerà il nuovo ordine internazionale. Viene da chiedersi come sarà il mondo di domani, quello che verrà dopo l’Onu e le guerre che nessuno, neanche l’Onu, è in grado di fermare. È una domanda che dovrebbe essere al centro dei nostri pensieri e che invece, purtroppo, è totalmente assente dai dibattiti politici.

(Traduzione di Andrea Sparacino)

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