Dopo mesi di esitazioni, Joe Biden ha preso una decisione quando meno ce lo si aspettava: ha autorizzato gli ucraini a usare i missili statunitensi a lungo raggio per colpire il territorio russo.

Il presidente russo Volodymyr Zelenskyj aveva fatto pressioni per mesi, ma Biden era riluttante a intraprendere questo passo contro l’esercito russo, per di più nel bel mezzo di una campagna elettorale. La sua decisione è stata motivata dall’ingresso nei combattimenti di soldati nordcoreani, un’escalation importante da parte russa, un’internazionalizzazione che ha richiesto una risposta da parte degli alleati dell’Ucraina.

Con la vittoria di Donald Trump, Biden è libero da questa pressione politica interna. La sua decisione non invertirà l’equilibrio di potere, ma alleggerirà il peso a cui l’Ucraina è attualmente sottoposta. L’altra faccia della medaglia è che tra due mesi Trump sarà alla Casa Bianca molto meno determinato ad aiutare l’Ucraina e quindi probabilmente annullerà questa misura. Questi due mesi saranno quindi decisivi.

Sul fronte militare l’uso di missili statunitensi, ma a questo punto forse anche di quelli britannici e francesi, darà a Kiev più spazio di manovra. L’esercito ucraino è sotto attacco sia nella nella regione russa di Kursk, che vuole tenere come merce di scambio in caso di negoziati, sia nell’Ucraina orientale.

La decisione statunitense è stata accolta con favore a Kiev, come era giusto che fosse, anche se i leader ucraini devono essere amareggiati dal fatto che non sia arrivata molto prima; ed è stata denunciata con forza a Mosca, in un momento decisivo di questa guerra che dura da quasi tre anni.

Le 48 ore che hanno preceduto l’annuncio di Washington sono state molto particolari. Prima c’è stata la telefonata tra il cancelliere tedesco Olaf Scholz e Vladimir Putin, il primo scambio del presidente russo con un importante leader occidentale da due anni a questa parte. E poi, ieri, la Russia ha condotto un massiccio bombardamento delle città ucraine, uccidendo undici persone e prendendo di mira la rete elettrica, in parte distrutta.

Ecco la reazione del primo ministro polacco Donald Tusk, grande sostenitore dell’Ucraina: “Nessuno fermerà Putin con le telefonate. L’attacco di ieri dimostra che questo tipo di diplomazia non può sostituire il sostegno dell’intero occidente all’Ucraina”. La decisione statunitense sui missili fa eco e sostiene questa tesi.

L’anello di congiunzione tra tutti questi eventi sono Trump e la sua squadra, con figure come Marco Rubio alla politica estera, o Mike Waltz consigliere per la sicurezza nazionale, che inizialmente ha sostenuto gli aiuti all’Ucraina al congresso, prima di votare contro. O ancora Tulsi Gabbard, che ha un passato di simpatie filorusse e che, se confermata dal senato, sarà incaricata di coordinare l’intelligence.

Trump aveva promesso di risolvere la guerra in Ucraina “in 24 ore”, già prima di entrare alla Casa Bianca. Putin ha voluto approfittarne, intensificando i suoi attacchi in un momento a lui favorevole.

L’ultima decisione di Biden a favore dell’Ucraina arriva troppo tardi per invertire il corso della storia: in ogni caso, complica il compito di coloro che scommettevano sul cedimento e la resa dell’Ucraina.

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