Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.
Dolgcajt (Noia) era il titolo del primo disco dei Pankrti, un gruppo punk rock che negli anni ottanta contribuì a dare uno scossone al regime comunista sloveno e jugoslavo. In quel periodo di cambiamenti epocali, subito dopo la morte di Josip Broz-Tito, il padre padrone della Jugoslavia, il sentimento che regnava tra i giovani era quello della noia, mista alla convinzione che nulla fosse destinato a cambiare.
E oggi Lubiana si appresta ad affrontare le elezioni europee con una sostanziale apatia. Nel paese non c’è nulla di nuovo. Il quadro è quello delle politiche del 2018 in cui ha trionfato Marjan Šarec, un comico che anni prima aveva abbandonato le scene per fare il sindaco di una cittadina di provincia.
Era stato lui l’ennesima ancora di salvezza del centrosinistra, un altro coniglio tirato fuori dal cappello per evitare che Janez Janša e il partito di centrodestra Slovenska demokratska stranka (SdS) prendessero in mano le redini del paese.
Janša, considerato l’eroe della “guerra” d’indipendenza, per molti continua a essere l’unica speranza per il paese, per altri invece è soltanto un pericoloso principe delle tenebre che vorrebbe cambiare profondamente la Slovenia.
Sarà probabilmente lui il vincitore relativo della tornata elettorale per le europee, con un’ampia coalizione di centrodestra; ma sarà l’ennesima vittoria di Pirro, perché difficilmente muterà qualcosa a livello nazionale. Janša – vicino al premier ungherese Viktor Orbán, ossessionato dal pericolo migranti e decisamente filoamericano – con i suoi deputati andrà a rimpinguare il gruppo dei popolari europei a cui si aggiungeranno anche i rappresentanti di Nuova Slovenia, una formazione di ispirazione democristiana e votata al libero mercato.
Termometro nazionale
A meno di improbabili sorprese, l’Sds e Nuova Slovenia saranno più vicini agli eurodeputati popolari del gruppo di Visegrád che agli altri. D’altra parte, il blocco di centrosinistra si presenta in ordine sparso. Sarà un termometro per misurare la consistenza delle varie forze politiche di governo e anche per capire l’impatto della sinistra radicale, che spera di portare per la prima volta in Europa un suo rappresentante.
A ben vedere nessuna forza politica ha fatto scendere in campo pezzi da novanta, ma piuttosto figure di secondo piano o nobili decaduti della scena nazionale che ora cercano un posto al sole in Europa. Nessuno, infatti, sembra credere che gli otto eurodeputati sloveni possano determinare le sorti dell’Unione e nemmeno che l’Europa possa avere risposte ai problemi del paese. Lo si è visto nel corso della crisi dei migranti e soprattutto quando la “rotta balcanica” ha attraversato la Slovenia.
Quando la Slovenia è entrata nell’Ue i partiti politici non hanno elaborato una visione del ruolo sloveno a Bruxelles
All’epoca Lubiana aveva chiesto all’Europa di fare qualcosa, ma alla fine si è dovuta arrangiare. Così ha rafforzato le frontiere esterne dell’area Schengen, per non farsi “invadere” da migranti che non aveva nessuna intenzione di tenersi. Sino a quel momento la principale preoccupazione di Lubiana era stata rimanere saldamente agganciata alla locomotiva tedesca, con Bruxelles sostanzialmente lontana dalle riflessioni della politica.
Nonostante le domande rivolte ai candidati su cos’abbia dato la Slovenia all’Europa e quale sia il contributo del paese allo sviluppo europeo, per ora nessuno ha
saputo dare risposte convincenti, anzi sembra proprio che nessuno ci abbia mai
riflettuto. Finora la domanda era sempre stata cosa avrebbe ottenuto
la Slovenia dall’Europa.
Del resto, l’ingresso nell’Unione europea non è mai stato in discussione e Lubiana, da brava scolara, si era impegnata per anni per soddisfare i parametri richiesti e per non arrivare impreparata all’appuntamento del 1 maggio 2004. A quel punto i partiti politici non hanno fatto altro che mutuare la loro visione d’Europa da quella dei gruppi politici presenti a Bruxelles senza preoccuparsi troppo di elaborarne una propria.
Nel paese però sembra ancora diffusa la convinzione che la Slovenia difficilmente potrebbe fare a meno dell’Europa, dell’euro e dell’area Schengen. L’Europa resta pur sempre una garanzia per un paese che si è spesso sentito come un vaso di coccio tra vasi di ferro, minacciato da vicini più grossi e potenti con cui ha avuto nella storia del novecento rapporti travagliati. L’integrazione europea per molti resta una garanzia di sicurezza, stabilità politica, rispetto dei diritti umani e prosperità economica.
Ventotto giornalisti raccontano la campagna elettorale nel proprio paese in vista delle elezioni europee del 26-29 maggio 2019. La serie è realizzata in collaborazione con VoxEurop.
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