Il 4 settembre, dopo la riunione del consiglio della Banca centrale europea (Bce), i tassi d’interesse che le banche dovranno pagare per tenere riserve nell’istituto di Francoforte sono stati raddoppiati, passando da dieci a venti punti base (0,2 per cento). L’obiettivo è spingere le banche a spostare liquidità su altre valute, indebolendo il cambio dell’euro, e a finanziare le imprese. Ma la decisione più rilevante riguarda il passaggio alla fase operativa dell’acquisto di titoli abs (asset backed securities). Si tratta di obbligazioni derivate dalla cartolarizzazione di prestiti concessi alle imprese.
Come osserva Angelo Baglioni su
lavoce.info, rivitalizzare questo mercato consentirebbe di convogliare verso le imprese un po’ dei risparmi delle famiglie raccolti dalle assicurazioni e dai fondi pensione, che potrebbero diversificare il loro portafoglio investendone una quota (anche piccola) in abs, invece di concentrarsi solo sui titoli di stato. Queste operazioni, inoltre, consentirebbero alle banche di risparmiare patrimonio, sostenendo l’offerta di prestiti. In aggiunta a questa misura, la Bce ha annunciato a sorpresa l’acquisto di covered bond, titoli emessi dalle banche a fronte di specifiche classi di prestiti (per esempio i mutui).
Comunque siamo ancora lontani da un vero e proprio quantitative easing (alleggerimento quantitativo, programma d’acquisto di titoli di stato). Per arrivarci, Draghi troverà resistenze da parte della Germania. Ma senza piani simili, è difficile che la politica fiscale possa, come dovrebbe, sostenere la domanda permettendo all’eurozona di uscire dalla recessione.
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