Negli ultimi tredici anni i fondi pensione negoziali (basati su accordi tra sindacati e imprenditori) hanno offerto un rendimento cumulato nominale del 49 per cento, contro il 30 per cento offerto dai contributi alle pensioni pubbliche.
Contando gli ultimi tre anni il rendimento cumulato più basso offerto da un fondo pensione è stato del 4,5 per cento (comparto garantito), mentre i contributi previdenziali sono stati capitalizzati virtualmente a un tasso inferiore a un punto percentuale.
Ora il governo di Matteo Renzi vorrebbe dare questi soldi in busta paga, tassandoli a un livello più alto di quanto lo sarebbero se fossero mantenuti dove sono. Il trattamento di fine rapporto (tfr) è una forma di risparmio forzoso.
Costringere le famiglie a risparmiare per la pensione è utile quando da sole non lo farebbero, perché tendono a essere cicale piuttosto che formiche.
Mettere a disposizione delle cicale quelle somme significa esporre quelle famiglie al rischio di trovarsi sprovviste di fondi il giorno in cui andranno in pensione.
Su lavoce.info ho elencato altri motivi per cui la mossa sarebbe rischiosa. Tra questi il fatto che il tfr, in periodi di crisi di liquidità, è un forte deterrente al licenziamento.
È bene riflettere attentamente sulle controindicazioni prima di imbarcarsi in un’operazione complessa e da cui non sarebbe facile tornare indietro.
Questo articolo è stato pubblicato il 17 ottobre 2014 a pagina 126 di Internazionale, con il titolo “49”. Compra questo numero | Abbonati
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