Mancano pochi giorni alla fine di questo mese che i cubani considerano il peggiore dell’anno. L’ondata di calore di agosto arriva quando siamo già stremati dopo un giugno umidissimo e un luglio rovente. Il consumo di elettricità aumenta, per cui i black out diventano frequenti e stare per strada a mezzogiorno è un atto di eroismo.

I bambini non vanno a scuola alimentando le tensioni nelle case minuscole abitate da più generazioni. Soprattutto, è impossibile dormire senza mettersi di fronte alle pale del ventilatore, con il suo insopportabile ronzio che dura fino all’alba.

Fu proprio in un giorno di questi che avvenne il cosiddetto maleconazo, un’esplosione sociale improvvisata sul Malecón, il viale del lungomare dell’Avana. La gente, in quel difficile 1994, scese in strada per le carenze alimentari, l’asfissia economica e la crescente voglia di emigrare.

Il governo fu costretto ad aprire la valvola del cambiamento e permettere il lavoro in proprio, le imprese miste e i mercati agricoli. Da allora molti abitanti di quest’isola hanno la sensazione che agosto può essere il momento in cui tutto cambia per sempre.

Il caldo fa affiorare l’intolleranza e le critiche. Lo sanno bene quelli che “da lassù” temono anch’essi questo ottavo mese dell’anno. Per questo aprono chioschi di rum a buon mercato nei quartieri più popolosi ed evitano di togliere l’elettricità nelle zone più conflittuali della città.

In ogni modo la tensione si sente a fior di pelle, non solo per il caldo ma perché quest’anno la crisi rischia di far esplodere i termometri della nostra pazienza. Siamo in molti a contare i giorni che mancano a settembre, sperando che con il nuovo mese arrivi anche un po’ di sollievo.

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