Per il naturalista che è in me, il mondo è pieno di dolore: specie in estinzione, antiche foreste che muoiono, incendi e inondazioni. Ma il biologo evoluzionista che è in me è più ottimista. Il processo evolutivo continua senza sosta. E gli esseri umani hanno contribuito alla sua accelerazione.

Se osserviamo attentamente, possiamo vedere un mondo nuovo che si trasforma attorno a noi. È quello che sta accadendo, per esempio, nella metropolitana di Londra, dove, in mezzo al rombo dei treni, una nuova specie di zanzara è nel pieno di una fioritura evolutiva. E non è la sola.

Nei secoli passati si riteneva che i processi evolutivi si verificassero con una lentezza glaciale rispetto alla velocità della vita quotidiana. Tuttavia, negli ultimi decenni ci siamo resi conto che l’evoluzione può essere molto rapida, anche questione di giorni, come ha dimostrato il virus responsabile del covid-19. Nel mio libro A natural history of the future (Storia naturale del futuro) racconto che questo processo si sta verificando a una velocità incredibile nelle nostre città.

La biogeografia insulare
I paesaggi urbani potrebbero sembrare molto distanti dalle isole Galapagos e dagli altri luoghi incontaminati dove le regole dell’evoluzione sono state individuate per la prima volta, ma, per quanto abbia manipolato o distrutto l’ambiente, l’essere umano non può riscrivere le leggi della natura. E se prendiamo in considerazione i meccanismi evolutivi, possiamo ipotizzare quali nuove specie emergeranno come conseguenza dei cambiamenti biologici radicali che avvengono, per lo più inosservati, proprio sotto il nostro naso.

Avremmo potuto prevedere questa rapida evoluzione urbana già molto tempo fa grazie a uno dei modelli più solidi e autorevoli del mondo naturale: la teoria della biogeografia insulare, ideata dal matematico ecologista Robert MacArthur e dal biologo ed esperto di formiche Edward Osborne Wilson per spiegare le dinamiche della vita sulle isole. Nella loro opera The theory of island biogeography, pubblicata nel 1967, sostengono che più un’isola è vicina alla terraferma, più specie la colonizzeranno, e che più è grande, più specie potranno sopravvivere senza estinguersi.

Uno dei modi in cui le specie si evolvono nelle città è quello della separazione

Questo libro contiene un’altra teoria meno nota: ovvero che sulle isole di dimensioni maggiori la velocità con cui le nuove specie si sviluppano dovrebbe essere più alta. Questo vale per le vere isole, ma anche per altri habitat simili. Un campo di cereali è un’isola rispetto al mare della foresta che lo circonda. Così un lago. Per gli acari del viso, il nostro corpo è come un’isola. Lo stesso vale per una città, e con l’aumento della popolazione mondiale stiamo creando un numero sempre maggiore di vaste isole urbanizzate. Proprio come nelle isole oceaniche, la comparsa di nuove specie dovrebbe essere più elevata in quelle più grandi o in quelle che crescono in una determinata zona. Dovremmo essere in grado di osservare le città e vedere l’evoluzione in corso. Di recente, alcuni scienziati lo hanno fatto.

Uno dei modi in cui le specie si evolvono nelle città è quello della separazione. Alcuni membri di una specie si allontanano dai loro simili presenti in altri habitat e sviluppano delle differenze. Questo processo ha costituito la spinta motrice per l’evoluzione di nuove specie da quando i nostri antenati hanno fondato grandi insediamenti, facendo affidamento sui cibi immagazzinati e conservati nelle prime città e protocittà. Specie come i passeri e i topi domestici, le calandre del grano, le tarme della pasta e molte altre si sono sviluppate isolandosi e differenziandosi dalle loro controparti rurali.

È un processo che continua senza sosta. I ratti bruni di New York oggi hanno nasi più lunghi e denti molari superiori più piccoli rispetto al 1890, in quest’ultimo caso probabilmente perché si nutrono di cibo più morbido e di qualità superiore.

Quando le creature che ci vivono accanto, come i coleotteri dei tappeti (Anthrenus verbasci) e certi ragni, arrivano in un determinato luogo, è difficile che tornino indietro. Una volta isolate, cominciano a evolversi in modo indipendente dalle popolazioni da cui si sono separate, grazie a mutazioni casuali tra le generazioni o alla selezione naturale dovuta alle caratteristiche uniche di una particolare area geografica. I topi d’appartamento, i coleotteri dei tappeti e i ratti delle città di tutto il mondo si stanno quasi sempre evolvendo lungo traiettorie divergenti.

Ratti d’alto bordo
L’evoluzione indipendente si può verificare anche all’interno di una stessa città. Jason Munshi-South e i suoi colleghi della Fordham university di New York hanno individuato una divergenza di questo genere nei ratti bruni. L’analisi genetica effettuata nel 2017 sugli esemplari di New York ha rivelato due cluster distinti che differiscono geneticamente, ma forse anche in altri modi che devono ancora essere identificati. Sembra che i ratti di Upper Manhattan (zona prevalentemente residenziale a nord di Central Park) evitino di accoppiarsi con quelli di Lower Manhattan, più a sud, separati dalla barriera geografica di Midtown, un quartiere prevalentemente commerciale dove mancano la spazzatura domestica e i cortili in cui i ratti prosperano.

Nel frattempo, Elizabeth Carlen, ricercatrice della Washington University a St. Louis, in Missouri, ha scoperto che in diverse città degli Stati Uniti anche i piccioni sono soggetti a deriva genetica. È probabile che i pidocchi che vivono sugli uccelli stiano mutando più dei loro ospiti, e i batteri che dipendono dai pidocchi ancora più dei pidocchi stessi, perché le specie che hanno tempi di riproduzione più brevi si evolvono a un ritmo più veloce.

Nelle città il comportamento umano è un fattore importante che influenza chi si sposta e chi no

Non è solo il caso a determinare quali specie probabilmente possano sviluppare delle mutazioni e, prima o poi, dare origine a nuove specie. In questo gioco ci sono delle regole. Charles Darwin notò che le popolazioni propendono a differenziarsi se la loro “tendenza alla variazione” non è “sottoposta a incrocio” con specie di altre regioni. Aveva ragione. Inoltre, è più probabile che questo incrocio – che oggi chiamiamo flusso genico – si verifichi per le specie che si spostano facilmente, volando, sfruttando un passaggio (su un uccello, dentro a un pidocchio o con gli esseri umani su un aereo, un treno, una barca o un’automobile) o anche correndo.

Sulle isole oceaniche, la capacità di dispersione di una specie è il fattore chiave che determina la probabilità di diversificazione e di evoluzione in nuove specie. Sulle isole Galapagos, i fringuelli, che tendono a volare solo per brevi distanze, sono rimasti geneticamente separati dai parenti della terraferma e quindi si sono differenziati dai loro antenati, e ogni specie o sottospecie di fringuello ora possiede attributi, comportamenti e, soprattutto, becchi unici. Lo stesso è avvenuto con i tordi beffeggiatori, ma non con la sula piediazzurri e altri uccelli marini che hanno una propensione al volo a lunga distanza. La loro maggiore capacità di dispersione significa che la commistione genetica con altre popolazioni è ancora in corso, e questo limita la diversificazione di popolazioni specifiche.

Sulle isole più lontane, le caratteristiche biologiche degli organismi condizionano la loro capacità di muoversi. Nelle città, invece, il comportamento umano è un fattore importante che influenza chi si sposta e chi no. Per esempio, un controllo più rigoroso delle condizioni igieniche sulle navi (e quindi della capacità dei roditori di utilizzarle per un passaggio) probabilmente è responsabile dell’attuale divergenza delle specie di ratti tra città diverse e all’interno di esse. Al contrario, la ricerca a cui collaboro ha dimostrato che almeno un tipo di acaro del viso, una specie di Demodex folliculorum, sembra muoversi grazie a noi mentre ci spostiamo in auto, in aereo e in nave, mantenendo il flusso genico dal Messico all’Australia a New York e oltre, ed evitando così la divergenza localizzata.

Le zanzare della metropolitana
È sempre grazie alle teorie dell’area insulare e del flusso genico che è stato possibile ricostruire la storia della zanzara della metropolitana di Londra. La presenza di questo insetto sotterraneo (che fu poi chiamato Culex pipiens f. molestus, una forma della specie Culex pipiens, la zanzara comune) venne alla luce durante la seconda guerra mondiale, quando migliaia di persone si rifugiarono nelle stazioni della metropolitana durante i bombardamenti.

Le comuni Culex pipiens sono stagionali, sono attive nei mesi più caldi e prima di deporre le uova devono nutrirsi di sangue che tendono a prelevare dagli uccelli. Al contrario, la forma sotterranea è attiva tutto l’anno e le femmine possono deporre le uova senza prima ingerire sangue, che si procurano tendenzialmente dai mammiferi.

Potrebbe trattarsi di un esempio di speciazione (la formazione e differenziazione delle specie animali) come risposta alla vita in città? Un indizio sta nel fatto che le zanzare che somigliano molto alla zanzara molestus si trovano nelle metropolitane, nelle fogne e perfino negli scantinati allagati di città lontane tra di loro come Parigi, Minsk in Bielorussia, Mailuu-suu in Kirghizistan, Tokyo e New York.

Studi genetici recenti indicano che probabilmente la molestus ha cominciato a divergere dalla Culex pipiens nelle antiche città della mezzaluna fertile, una regione storica del Medio Oriente che si estendeva dall’Egitto all’Arabia Saudita. In origine fu qui che molte specie urbane trovarono una base per svilupparsi. E quando si spostò a nord, la zanzara molestus sopravvisse anche in regioni con inverni freddi, approfittando del calore intrappolato sotto le città.

Altri studi di Dana Price e Dina Fonseca della Rutgers university in New Jersey, negli Stati Uniti, suggeriscono che, quando la molestus colonizzò il mondo sotterraneo, sviluppò nuove versioni di geni associati al riconoscimento degli odori, alla digestione e all’immunità, che a quanto pare le hanno permesso di prosperare nelle fogne sotterranee ricche di rifiuti organici.

Le calandre del grano hanno perso completamente le ali e i merli di alcune città hanno smesso di migrare

Nel frattempo questa zanzara continua a evolversi, e gli studi dimostrano che diverse popolazioni di molestus hanno cominciato a divergere geneticamente l’una dall’altra. Per esempio, quando le popolazioni della metropolitana di Londra sono state studiate nel dettaglio, si è scoperto che le molestus della Victoria Line erano geneticamente distinte da quelle della Bakerloo Line. Potrebbe attenderci un futuro dove in ogni linea della metropolitana esiste una particolare specie di zanzara. Al contrario, questa divergenza non si riscontra nelle zanzare in superficie, che si disperdono più facilmente.

Le strade di domani
Cosa possono dirci i ratti e le zanzare di città in rapida evoluzione a proposito dello sviluppo urbano e delle specie che possiamo aspettarci di incontrare in futuro? Anche se le conseguenze precise dell’evoluzione possono essere stravaganti (sarebbe stato difficile prevedere l’esistenza dei draghi di Komodo o delle formiche coltivatrici di funghi, per esempio), se si riflette sulle regole generali della natura è possibile prevedere a grandi linee i tratti generali del cambiamento evolutivo.

I mammiferi tendono a sviluppare corpi più grossi nei climi freddi, e dovremmo aspettarci lo stesso per le specie urbane, con ratti grassi nell’estremo nord e ratti simili a topolini nelle aree equatoriali. È probabile che questo processo sia già in corso senza che ce ne rendiamo conto. Sulle isole, gli uccelli spesso perdono la capacità di volare e si disperdono (per esempio i cormorani delle Galapagos): è meglio rimanere vicino a casa e non andarsene in cerca di terre che potrebbero non esistere. Un processo analogo sta avvenendo nelle città. Le piante del genere Crepis che crescono nelle aiuole intorno agli alberi di Montpellier, in Francia, producono semi più pesanti e quindi meno volatili rispetto ai loro omologhi rurali. Le calandre del grano hanno perso completamente le ali e i merli di alcune città hanno smesso di migrare.

Sulle isole spesso gli animali si evolvono in modo da riprodursi senza accoppiamento, perché di frequente arrivano da soli e in tali condizioni è vantaggioso dare alla luce la prole in assenza di un compagno. Così, il sottoinsieme che presenta questi geni ha più probabilità di sopravvivere. Nelle città è accaduto anche con alcuni scarafaggi del Suriname, con gli scarafaggi americani e con le “formiche pazze”, così chiamate per il modo scostante e imprevedibile in cui si muovono.

Le specie si evolvono anche come conseguenza degli alimenti disponibili. Le popolazioni di passeri urbani in Arizona hanno becchi più grandi e più forti per via dei semi più duri che si trovano in città, e questo a sua volta influenza il loro canto. Ma di frequente le mutazioni sono legate al cibo che proviene dagli esseri umani. I topi domestici e i cani hanno sviluppato la capacità di produrre un quantitativo maggiore dell’enzima amilasi nella loro bocca per scindere l’amido, dato che i carboidrati sono una parte significativa della dieta urbana.

Questione di cervello
Un altro modo per affrontare la vita urbana è quello di usare il cervello. I corvi, per esempio, hanno imparato a usare i sacchetti della spazzatura, lavorando in coppia per estrarli dai bidoni e prelevare il cibo che contengono. Ormai, un numero sproporzionato di specie che prosperano nelle città è composto da quelle che presentano un’intelligenza creativa, come i corvi, le cornacchie, i gufi, le ghiandaie e, nei tropici, i pappagalli, come ha dimostrato Ferran Sayol, ricercatore dello University college di Londra, che ha studiato la dimensione del cervello (un marcatore dell’intelligenza) in 629 specie di uccelli di 29 città.

In futuro dovremmo aspettarci che le città favoriscano specie con cervelli sempre più grandi e creativi, ma questo non è l’unico modo per sopravvivere in un contesto urbano. La ricerca di Sayol mostra anche che specie con cervelli piccoli, come i piccioni e i rondoni, possono avere molto successo negli ambienti urbani figliando un gran numero di pulcini, molti dei quali non sopravvivono. Le condizioni cambiano da città a città: un modo per affrontare questa variabilità è essere intelligenti e fare scelte diverse in condizioni diverse, un altro modo è avere molti piccoli e sperare che alcuni, per caso, sopravvivano.

Ma le caratteristiche più prevedibili dell’evoluzione urbana (almeno nel prossimo futuro) sono meno attraenti, perché sono legate non tanto alle qualità “insulari”, quanto alle pressioni selettive dominanti, ovvero ai fattori che uccidono. E in città il fattore chiave sono gli esseri umani, nella maggior parte dei casi attraverso l’uso di biocidi chimici. Come risposta, la blattella germanica (un tipo di scarafaggio) che vive in edifici dove sono usate esche zuccherate, ha sviluppato un disinteresse per lo zucchero; di conseguenza si allontana dalle nostre trappole, che non la attirano più. Intanto, le cimici dei letti, le mosche, le blattelle germaniche, le zanzare e molte altre specie hanno sviluppato una resistenza ai pesticidi e, quindi, sono più difficili da controllare.

Questo genere di pressione selettiva può avere gravi conseguenze nella diffusione delle malattie. Per esempio, le popolazioni urbane di due specie di zanzare portatrici di malaria sembrano divergere dalle popolazioni rurali, verosimilmente a causa della selezione dovuta ai pesticidi usati sugli insetti di città. È un tipo di evoluzione non così visibile come i cambiamenti nel becco di un fringuello, ma conferma ancora una volta quanto sia potente la selezione naturale.

Le città hanno posto le basi per uno straordinario esperimento evolutivo che è in corso intorno a noi. Certo, le specie interessate tendono a essere quelle che si nutrono dei nostri rifiuti o anche dei nostri corpi, e la loro diffusione è avvenuta a fronte della scomparsa di migliaia di specie di uccelli, farfalle, mammiferi e api a causa della distruzione degli habitat. Eppure ognuna di esse è una manifestazione dell’incessante lavoro della selezione naturale, un promemoria che, nonostante i nostri assalti alla Terra, la vita continua.

Da sapere
Le volpi nel Regno Unito

Nel Regno Unito, la vita urbana sta cambiando le popolazioni delle volpi. E quelle che si isolano in una particolare città possono evolversi in modo diverso dalle volpi che si trovano in altre città. Nell’ultimo secolo, le volpi si sono trasferite in molti centri abitati del Regno Unito. Grazie all’abbondanza di rifiuti alimentari prodotti dall’uomo, le aree di residenza di questi animali possono essere minuscole, pari ad appena 0,4 chilometri quadrati rispetto ai 30 chilometri quadrati delle loro cugine rurali. Ma non è tutto: le ossa delle volpi urbane si stanno evolvendo rispetto a quelle dei loro parenti bucolici. Uno studio del 2020 di Kevin Parsons e colleghi dell’università di Glasgow, nel Regno Unito, ha scoperto che le volpi di città hanno il muso più corto e più largo rispetto a quelle che vivono in campagna, e la parte del cranio che racchiude il cervello è più piccola. Questi cambiamenti anatomici corrispondono a quelli riscontrati durante l’addomesticamento di alcuni animali – i cani, per esempio – e hanno portato i ricercatori a concludere che le volpi urbane possono addomesticarsi da sole, vivendo in mezzo a noi.


(Traduzione di Davide Musso)

Questo articolo è uscito sul settimanale britannico New Scientist.

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