Il governo Meloni calpesta i pochi diritti della comunità lgbtq+, che spesso si accontenta di essere “tollerata” Leggi
Liste d’attesa infinite, costi proibitivi, pochi donatori, grandi differenze tra regione e regione. A quasi vent’anni dalla legge che l’ha regolamentata, la procreazione assistita non è ancora un diritto di tutti. Leggi
Le barriere imposte in molti paesi europei spingono migliaia di donne e uomini a recarsi all’estero per avere accesso a tecniche di procreazione assistita. In alcuni casi chiedono prestiti elevati per poter pagare i trattamenti. Leggi
In Italia l’accesso alle tecniche di procreazione medicalmente assistita è consentito solo alle “coppie di maggiorenni di sesso diverso”. Così recita l’articolo 5 della legge 40 del 2004. La legge 40 somiglia a quelle automobili dei cartoni animati che vengono incendiate, fracassate, schiacciate da macigni, scagliate giù da un burrone e ne escono ridotte alla sola scocca, anche se in qualche modo marciano ancora con Wile E. Coyote aggrappato al volante. Leggi
Più di dieci anni fa la legge 40 ha stabilito che le tecniche riproduttive dovessero essere accessibili solo alle persone sterili o infertili, escludendo le persone fertili ma portatrici di patologie genetiche o di anomalie cromosomiche. Vietando questa possibilità, la legge ha negato a tante persone un’alternativa molto precoce alle diagnosi prenatali e a un eventuale aborto. Leggi
Il tribunale di Milano ha rinviato alla corte costituzionale la legge 40/04 sulla procreazione assistita, accogliendo il ricorso presentato da una coppia fertile ma portatrice di esostosi, una malattia genetica trasmissibile. La coppia voleva ricorrere alla procreazione assistita, ma la legge 40 impedisce la diagnosi genetica preimpianto dell’embrione e inoltre all’articolo 1 comma 2 stabilisce che: “Il ricorso alla procreazione medicalmente assistita è consentito qualora non vi siano altri metodi terapeutici efficaci per rimuovere le cause di sterilità o infertilità”. Leggi
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