Il 9 maggio l’Argentina ha vissuto il secondo sciopero generale in appena cinque mesi di governo del presidente ultraliberista Javier Milei, che sta cercando di portare avanti il suo piano di austerità.
Con i treni e la metropolitana fermi, pochi autobus, le scuole pubbliche e le banche chiuse, la capitale Buenos Aires era molto più vuota del solito, anche se vari negozi e ristoranti sono rimasti aperti, come hanno riferito alcuni giornalisti dell’Afp.
Circa quattrocento voli aerei sono stati cancellati, con conseguenze per 70mila passeggeri, secondo l’Associazione latinoamericana del trasporto aereo.
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“L’adesione allo sciopero è stata debole”, ha affermato la ministra della sicurezza Patricia Bullrich, denunciando casi di autobus colpiti da pietre. Secondo il ministero dei trasporti, il trasporto pubblico ha funzionato al 40 per cento della capacità.
Il governo ha anche citato uno studio dell’università privata Uade, in base al quale lo sciopero di ventiquattr’ore è costato all’economia argentina mezzo miliardo di dollari.
“Il governo deve prendere atto del successo dello sciopero”, ha replicato il sindacato Cgt.
Con una grande adesione nel settore pubblico e meno convinta in quello privato, lo sciopero ha avuto una partecipazione maggiore rispetto a quello del 24 gennaio, indetto a dicembre appena diciotto giorni dopo l’insediamento di Milei.
Ancora una volta la presidenza argentina ha definito lo sciopero “politico”. “I sindacati continuano a opporsi alla volontà popolare”, ha commentato un portavoce della presidenza.
Nell’ultimo mese a Buenos Aires ci sono stati eventi di protesta quasi quotidiani contro il governo Milei.
Il 24 aprile circa un milione di persone aveva partecipato alle manifestazioni in tutto il paese per difendere l’università pubblica.
Secondo i sondaggi, Milei rimane però molto popolare nel paese, nonostante una lieve flessione ad aprile. Le persone che hanno un’immagine positiva del presidente sono tra il 45 e il 50 per cento, contro il 56 per cento al momento della sua elezione.
Secondo alcuni analisti politici, il dato è sorprendente considerando che il governo ha proceduto a quello che il presidente “anarcocapitalista” definisce “il più grande aggiustamento di bilancio nella storia dell’umanità”, tra svalutazione, prezzi “liberi” e tagli alla spesa pubblica.
Il governo rivendica la riduzione dell’inflazione e l’avanzo di bilancio registrato nel primo trimestre dell’anno, mentre l’opposizione denuncia recessione e aumento della povertà.