Il gruppo jihadista Hayat Tahrir al Sham (Hts) e i suoi alleati, che il 27 novembre hanno lanciato un’offensiva lampo contro le forze governative nel nordovest della Siria, sono arrivati il 29 novembre alle porte di Aleppo, la seconda città del paese, secondo l’ong Osservatorio siriano per i diritti umani. Il bilancio dei combattimenti è salito ad almeno 255 morti.
L’ong ha aggiunto che l’Hts e i suoi alleati, alcuni dei quali sono sostenuti dalla Turchia, hanno conquistato una cinquantina di località tra le province di Aleppo e Idlib.
Si tratta dei più violenti combattimenti da molti anni in questa zona, dove la provincia di Aleppo, controllata dal regime di Bashar al Assad, confina con l’ultima roccaforte ribelle e jihadista di Idlib.
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Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
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Un funzionario della sicurezza siriano ha affermato che l’esercito “ha inviato dei rinforzi ad Aleppo”.
Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, che ha sede a Londra ma dispone di una vasta rete d’informatori in Siria, nella nuova ondata di violenze sono morti finora ventiquattro civili, diciannove dei quali in un raid dell’aviazione russa contro un’area controllata dai jihadisti.
I combattenti jihadisti hanno bombardato Aleppo per la prima volta da quattro anni, prendendo di mira anche il campus universitario, dove sono morti quattro civili, secondo l’agenzia di stampa statale Sana.
Un generale dei guardiani della rivoluzione, l’esercito ideologico dell’Iran, alleato del regime siriano di Bashar al Assad, è rimasto ucciso il 28 novembre nei combattimenti.
Il 29 novembre il governo russo, anch’esso alleato di Assad, ha invitato Damasco a “mettere ordine il più rapidamente possibile ad Aleppo”.
Le parole di Al Bashir
Il 28 novembre Mohammad al Bashir, leader dell’autoproclamato “governo” della provincia di Idlib, ha giustificato l’offensiva in una conferenza stampa accusando il regime di aver “cominciato a bombardare aree occupate da civili, costringendo migliaia di persone a lasciare le loro case”.
Negli ultimi anni il nordovest della Siria era stato relativamente risparmiato dalle violenze grazie a un cessate il fuoco, ottenuto con la mediazione di Mosca e Ankara, entrato in vigore dopo un’offensiva delle forze governative nel marzo 2020.
Il regime siriano ha ripreso il controllo di gran parte del paese nel 2015 con il sostegno di Mosca e Teheran. La guerra civile, scoppiata nel 2011, ha causato più di 500mila morti e milioni di sfollati.