Il 1 dicembre il quinto e ultimo ciclo di negoziati a Busan, in Corea del Sud, per un trattato contro l’inquinamento da plastica si è concluso con un fallimento a causa dell’opposizione di un gruppo di paesi produttori di petrolio. I negoziati dovrebbero riprendere nei prossimi mesi.
“Le divergenze su alcune questioni chiave ci hanno impedito di arrivare a un accordo, e avremo quindi bisogno di più tempo”, ha affermato Luis Vayas Valdivieso, il diplomatico ecuadoriano che presiedeva i lavori.
Per una settimana i rappresentanti di 178 paesi hanno cercato senza sucesso di trovare un’intesa per ridurre l’inquinamento da plastica, che invade gli oceani, il suolo e perfino il corpo umano.
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I partecipanti si sono scontrati su tre punti critici: la riduzione della produzione globale di plastica, la definizione di un elenco di prodotti o molecole considerati pericolosi per la salute e i finanziamenti ai paesi in via di sviluppo per la messa in atto di sistemi efficaci per la gestione dei rifiuti.
Dopo due anni di negoziati, i delegati presenti avevano tempo fino al 1 dicembre per raggiungere un accordo.
Ma fin dall’apertura dei lavori a Busan, il 25 novembre, i colloqui si sono trasformati in un dialogo tra sordi tra una maggioranza di paesi favorevoli a un accordo ambizioso e un gruppo di produttori di petrolio guidati da Russia, Arabia Saudita e Iran.
“C’è una minoranza di paesi che fa ostruzionismo”, ha affermato Olga Givernet, ministra francese con delega all’energia.
“Meglio nessun accordo che un cattivo accordo, ma chiaramente siamo molto delusi”, ha dichiarato un diplomatico europeo, che ha chiesto di restare anonimo.
La cosiddetta “Coalizione dalle alte ambizioni” (Hac), che riunisce un gran numero di stati africani, europei e asiatici, è favorevole a un trattato che copra l’intero ciclo di vita della plastica, dalla produzione ai rifiuti.
La Hac si batte per imporre limiti alla produzione di nuova plastica e cambiamenti nella progettazione dei materiali per facilitare il riciclo.
I paesi produttori di petrolio vorrebbero invece un trattato non vincolante che riguardi solo il riciclo e la gestione dei rifiuti, senza mettere in discussione la produzione.
Secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Ocse) nel 2019 nel mondo sono state prodotte circa 460 milioni di tonnellate di plastica, il doppio rispetto al 2000. In assenza di misure di contrasto, il dato potrebbe triplicare entro il 2060.
Oltre il 90 per cento della plastica non viene riciclato e ogni anno più di venti milioni di tonnellate finiscono nell’ambiente, spesso dopo pochi minuti di utilizzo.
Prodotta a partire dai combustibili fossili, la plastica è anche responsabile di circa il 3 per cento delle emissioni globali di gas serra.
Le organizzazioni ambientaliste hanno espresso tutta la loro delusione per il falimento dei negoziati: “Questo ritardo avrà conseguenze devastanti per l’umanità e per il pianeta”, ha dichiarato Graham Forbes di Greenpeace.