Al primo ministro dell’Ungheria Viktor Orbán piace pensare che la sua opinione sia l’opinione di tutti i cittadini e che un attacco alle sue politiche sia un attacco contro il suo paese.
Ma non è vero: anche noi ungheresi abbiamo votato alle elezioni europee il 26 maggio e la metà dei voti è andata a partiti che vorrebbero più integrazione nell’Unione europea. Molti sperano che far parte di questa comunità di valori possa servire ad arginare i capricci del primo ministro.
È vero: due milioni di ungheresi si sono lasciati incantare da un seduttore senza scrupoli e hanno votato per lui. Poi, sotto gli occhi dell’Europa, Orbán ha cambiato a suo piacimento le leggi del paese e oggi gli bastano le preferenze di un quarto degli elettori per avere una maggioranza assoluta duratura. Ma per questo dovremmo pensare che l’Ungheria sia un freno per il resto dell’Europa?
L’Ungheria ha ratificato la costituzione europea, mentre i cittadini di Francia e Paesi Bassi (due paesi fondatori) nel 2005 hanno mandato a monte il progetto. E se proprio volessimo trovare un paese che rema contro gli interessi europei dovremmo guardare a occidente, al Regno Unito. E i tedeschi? Non hanno forse eletto una decina di deputati da mandare a Strasburgo con il preciso incarico di abolire il parlamento europeo?
Lo scorso luglio quattro dei cinque posti chiave dell’Unione sono stati affidati a candidati dei paesi fondatori. Nessuno dei 16 paesi “acquisiti” dopo il 1986 ha avuto la possibilità di proporre un candidato, ma tutti hanno accettato l’accordo. Paradossalmente Orbán ha svolto un ruolo trainante nel negoziato. Quest’uomo è giustamente considerato distruttivo, e non si dovrebbe fare affidamento su di lui per risolvere i problemi europei.
(Traduzione di Nicola Vincenzoni)
Márton Gergely sarà al festival di Internazionale a Ferrara il 4 ottobre per partecipare a un incontro sul populismo in Europa con la giornalista polacca Katarzyna Brejwo, l’austriaca Nina Horaczek e il tedesco Christian Jakob.
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