Nel 1997, tutta l’estate una serie di scosse sismiche aveva colpito la regione dell’appennino umbro-marchigiano, senza causare gravi danni. Ma il 26 settembre, alle 2.33, una scossa di magnitudo 5,8 sulla scala Richter, con epicentro a Cesi, causò due vittime. Numerose case furono danneggiate gravemente, in particolare nei comuni di Foligno e di Nocera Umbra, dove risultò inagibile circa l’85 per cento degli immobili.

Quella delle 2.33 fu in un primo momento considerata la scossa di maggiore intensità di tutto lo sciame, e furono previste semplici scosse di “assestamento”, di intensità minore. Il sottosegretario alla Protezione civile, Franco Barberi, definì inverosimile l’eventualità di una scossa più forte. La mattina molte scuole furono chiuse per precauzione o per inagibilità.

Ma alle 11.42 una scossa di magnitudo 6,1 sconvolse ancora moltissimi paesi tra l’Umbria e le Marche. Alle due vittime se ne aggiunsero altre otto, di cui quattro all’interno della basilica di San Francesco. La chiesa, infatti, aveva subìto danni agli affreschi di Giotto e Cimabue nella scossa della notte e in quel momento era in corso un sopralluogo da parte di tecnici, ingegneri, giornalisti e frati.

Il 14 ottobre alle 17.25, dopo un periodo di sciame sismico, un terremoto colpì nuovamente la zona con una magnitudo di 5,5, aggravando la già pessima situazione delle abitazioni. Quel giorno crollò anche la torre campanaria del comune di Foligno, già danneggiata dalle precedenti scosse.

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it