Nella notte tra il 5 e il 6 aprile 2009 diverse scosse di terremoto hanno colpito L’Aquila. Alle 3.32, quella più violenta, lunga e distruttiva: 309 persone sono morte e 1.600 sono rimaste ferite. Ci sono stati dieci miliardi di euro di danni con centinaia di case, chiese, palazzi pubblici e piazze distrutti o dichiarati inagibili.
Nei mesi successivi 65mila persone sono state trasferite nei condomini della cosiddetta New town, palazzi costruiti in fretta su un’area disabitata a qualche chilometro dalla città, presi come esempio di efficienza e solerzia dall’allora presidente del consiglio Silvio Berlusconi e dal capo della protezione civile Guido Bertolaso, oggi candidato sindaco a Roma per Forza Italia.
A sette anni dal terremoto, L’Aquila è ancora un susseguirsi di strade vuote, case deserte e saracinesche chiuse. I suoi cittadini vivono disseminati nella città nuova, una periferia-dormitorio che per piazza ha la rotonda di un centro commerciale.
Le immagini e le didascalie fanno parte del progetto di fotografia e scrittura Displacement: new town no town, realizzato da Giovanni Cocco e Caterina Serra, tra il 2014 e il 2015, in collaborazione con (h)films.
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