Sanandaj, Iran, 19 novembre 2022 (SalamPix/abacapress.com /Ipa)

“In Iran la protesta contro il governo va avanti da mesi, nonostante la repressione delle autorità”, scrive Radio Farda, il canale sull’Iran dell’emittente Radio Free Europe/Radio Liberty. Scatenate dalla morte di una ragazza arrestata dalla polizia religiosa nel settembre 2022, le proteste sono diventate un’espressione di rifiuto del regime clericale, la più decisa e duratura dalla sua instaurazione nel 1979. “Anche se il numero delle manifestazioni è diminuito nelle ultime settimane, è improbabile che svanisca la rabbia causata da decenni di repressione e cattiva gestione dell’economia”. Gli esperti prevedono che la distanza tra i religiosi al potere e i giovani si approfondirà. Ali Fathollah-Nejad, studioso iraniano dell’American university di Beirut, afferma che il paese sembra trovarsi in “un processo rivoluzionario”, cominciato con le proteste del 2017-2018 causate dalla crisi economica e diventate politiche: “Processi simili prevedono fasi di relativa calma e fasi d’instabilità”. Secondo le organizzazioni per i diritti umani, le forze di sicurezza iraniane hanno ucciso almeno 476 manifestanti, tra cui sessanta minorenni. Più di quindicimila persone sono state arrestate. Il 27 dicembre Iran human rights, un’ong con sede in Norvegia, ha denunciato che cento persone accusate di aver partecipato alle proteste sono state condannate a morte o incriminate per reati punibili con la pena capitale. Ma il numero potrebbe essere più alto perché le famiglie subiscono pressioni per restare in silenzio. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1493 di Internazionale, a pagina 23. Compra questo numero | Abbonati