“Un Ramadan sotto le bombe”, titola il quotidiano panarabo Al Arabi al Jadid riferendosi all’inizio del mese sacro per i musulmani, cominciato tra il 10 e l’11 marzo senza che Israele e Hamas siano arrivati a un accordo per garantire un cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Nonostante settimane di colloqui, i paesi mediatori non sono riusciti a trovare un’intesa per uno scambio tra ostaggi israeliani e prigionieri palestinesi mentre Tel Aviv e il movimento islamista si accusano a vicenda per il fallimento. Al Quds al Arabi commenta che “in questo mese di digiuno e preghiere i musulmani di tutto il mondo guardano con disperazione alla carestia che incombe sulla Striscia di Gaza”. Ma se la Palestina è al centro delle preoccupazioni il giornale panarabo avverte che secondo il Programma alimentare mondiale dell’Onu il rischio della carestia riguarda anche altri paesi della regione, in particolare il Sudan, lo Yemen e la Siria. Il quotidiano denuncia il paradosso del Ramadan di quest’anno: “I musulmani, che dovrebbero digiunare dall’alba al tramonto, oggi sono devastati dalla fame”. E aggiunge: “Questo paradosso unisce la sofferenza dei palestinesi di Gaza sotto l’occupazione israeliana alla sofferenza dei loro fratelli arabi, oppressi da violenti regimi militari”. ◆ Il 12 marzo una prima nave dell’ong spagnola Open Arms carica di rifornimenti è partita da Cipro per la Striscia di Gaza. Le duecento tonnellate di generi alimentari saranno distribuite a Gaza da World central kitchen, l’organizzazione gestita dal cuoco ispanoamericano José Andrés. ◆ Dopo l’inizio del Ramadan i bombardamenti israeliani hanno continuato a colpire Rafah, dove centinaia di migliaia di sfollati sono ammassati alla frontiera chiusa con l’Egitto, oltre alla vicina Khan Yunis e alla città di Gaza, causando 72 morti in ventiquattr’ore e portando il bilancio complessivo a più di 31mila vittime. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1554 di Internazionale, a pagina 24. Compra questo numero | Abbonati