Sterile ed essenzialmente privo di trama, Corteo è un antiromanzo. E sicuramente non passa il test di Hardwick: unico compito di un antiromanzo, scriveva la critica Elizabeth Hardwick, è quello di essere tutto interessante, “ogni pagina, ogni capoverso”. Corteo si svolge nel mondo dell’arte. Quasi tutti i personaggi sono pittori o scultori. E sono tutti identificati con la stessa iniziale: la G. Uno G è un pittore maschio dominante che dipinge immagini al contrario nei suoi quadri. Una seconda G è una scultrice che con i suoi ragni giganteschi ricorda Louise Bourgeois. Molti di questi personaggi hanno problemi da gente ricca. Sono abituati a girare il mondo in tutta comodità, hanno seconde case, grandi studi e cucine luccicanti. Ma allo stesso tempo se ne escono con commenti tipo: “All’improvviso ci siamo trovati a non poter tollerare più il capitalismo. Abbiamo cominciato a sentire la sua presenza nelle nostre vite che si sono trasformate in prigioni”. Ogni volta che leggo un libro che trovo orrendamente pretenzioso penso a un saggio tratto dalla raccolta L’estasi dell’influenza di Jonathan Lethem: “Alla parola pretenzioso mi si drizzano le orecchie: di solito si parla proprio del film che voglio vedere o del libro che voglio leggere”. Ho provato ad avvicinarmi a Corteo con lo stesso spigliato entusiasmo di Lethem ma ne sono uscito del tutto sconfitto.
Dwight Garner, The New York Times

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Questo articolo è uscito sul numero 1599 di Internazionale, a pagina 80. Compra questo numero | Abbonati