Raphaël, sessant’anni, un occhio solo sul viso e l’aspetto di un soggetto di Francis Bacon, è il custode di un maniero disabitato. È un uomo dolce che accetta di giocare a fare il cattivo per divertire la postina e che esercita una calma olimpica con la vecchia madre despota con cui vive. Al suo arrivo Garance, un’artista in crisi che ha ereditato il castello, posa gli occhi su questo timido custode e ritrova l’ispirazione. E Raphaël si sentirà vivo come non gli era mai accaduto. Secondo molti miti le divinità hanno creato l’uomo plasmandolo dall’argilla. E Anaïs Tellenne, nel suo esordio atipico quanto riuscito, ha deciso che questa divinità è una donna. Il tono fiabesco deve tanto a La bella e la bestia quanto a Jacques Demi, rivisita in modo crudele i rapporti di classe e, soprattutto, l’eterna relazione, squilibrata, vorace e menzognera tra l’artista e i suoi modelli. La giovane regista traduce questa relazione in modo letterale, quando quest’uomo modellato nell’argilla diventerà una scultura vivente nella sequenza più azzardata e romantica del film.
Guillemette Odicino, Télérama

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Questo articolo è uscito sul numero 1601 di Internazionale, a pagina 82. Compra questo numero | Abbonati