Il 29 marzo il presidente ad interim Ahmed al Sharaa ha nominato il nuovo governo di transizione siriano. Ne fanno parte 23 ministri. I sette incarichi più importanti sono stati affidati a persone legate al governo della provincia di Idlib, guidato da Al Sharaa fino al 2024. Altri nove ministri sono indipendenti e comprendono tecnici ed ex attivisti, come Raed Saleh, che per anni ha guidato il gruppo di volontari Caschi bianchi, mentre cinque avevano fatto parte del regime di Bashar al Assad prima della guerra civile. Sono rappresentate tutte le comunità: oltre ai sunniti, ci sono un curdo, un druso, una cristiana e un alawita. L’unica donna è Hind Kabawat, dal 2011 figura chiave dell’opposizione, al ministero del lavoro e degli affari sociali. L’amministrazione autonoma curda del nordest della Siria ha contestato la legittimità del governo, che non tiene conto “della diversità siriana”. L’unico ministro curdo non fa parte dell’amministrazione autonoma. Enab Baladi si rallegra comunque di un governo “atteso con ansia”, che ora dovrà affrontare le questioni rimaste in sospeso dopo la caduta di Assad a dicembre. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1608 di Internazionale, a pagina 27. Compra questo numero | Abbonati