Dopo l’11 settembre 2001 tutti si chiesero se avrebbero mai ripreso un aereo per viaggiare. Come si poteva, dopo una tragedia così orribile? Per un po’ di tempo mi sembrò una cosa rischiosa, ma m’imbarcai prima ancora che fossero riammessi i bagagli a mano. Un volo per Londra che mi parve infinito, senza neppure un libro. Aumentarono i controlli di sicurezza (le scarpe e la cintura? Sul serio?) e anche l’ansia.

Ma i viaggi internazionali non diminuirono. Al contrario, aumentarono. Molti viaggiatori si abituarono al rischio, che sembrava pari a quello che si corre mangiando nei fast food, a vivere in alti edifici in cui può scoppiare un incendio o attraversare una strada urbana con il semaforo rosso. New York restava un obiettivo privilegiato del terrorismo, ma non si svuotò. E lo stesso capitò agli aeroporti della città.

Il treno giallo, che va da Villefranche-de-Conflent a Latour-de-Carol, nei Pirenei francesi - JC Milhet, Hans Lucas/Contrasto
Il treno giallo, che va da Villefranche-de-Conflent a Latour-de-Carol, nei Pirenei francesi (JC Milhet, Hans Lucas/Contrasto)

Dipendenza dal turismo

In un mondo colpito dalla pandemia, l’ansia di viaggiare ha raggiunto vette simili. Chi deve farlo per affari improrogabili è molto preoccupato. Viaggi che prima ci si concedeva per puro piacere appaiono adesso minacciosi e pericolosi, addirittura da irresponsabili.

I viaggiatori tendono a essere impazienti e se da sempre alcuni sono avventurosi, la maggior parte cerca il riposo e un piacevole cambio di ritmo. Di solito è più sicuro rimanere a casa, ma è una sicurezza che può intorpidire. Molte persone, segnate da un anno alle prese con un virus trasmesso per via aerea, si chiedono quando sarà possibile pianificare una settimana a Parigi o nei Caraibi senza dover temere che la pandemia gli rovini il divertimento. Tornerà il giorno in cui le navi da crociera sembreranno di nuovo un’alternativa piacevole e non una trappola mortale?

La maggior parte degli aspiranti viaggiatori negli Stati Uniti vive in un relativo benessere e si sta vaccinando. E anche se per il paese nel suo complesso l’immunità di gregge rimane lontana, è più alta tra le persone socialmente ed economicamente privilegiate, e quindi tra chi viaggia in aereo.

I cicli della modernità fanno sì che, quando spuntano nuovi pericoli, nascono nuove misure di sicurezza: le auto sono più veloci, ma hanno le cinture di sicurezza; aumentano i turisti che visitano il Grand Canyon, ma ci sono i parapetti di protezione.

Continueremo a indossare mascherine a 1.500 metri di altitudine? Visto il numero di raffreddori che prendevo ai vecchi tempi dopo un viaggio in aereo, non mi piace l’idea di espormi ad aria pressurizzata, condivisa e riciclata: una questione d’igiene generale più che terrore di morire, anche se la maggior parte delle compagnie aeree utilizza sistemi di filtraggio dell’aria avanzati.

La pandemia è più sotto controllo nei paesi ricchi che in quelli poveri. Non è solo uno scandalo morale, ma anche un problema per le economie dei secondi, che dipendono dal turismo. Gli statunitensi spaventati dal covid-19 potrebbero preferire viaggi nel Regno Unito o all’interno dell’Unione europea. Ma cosa troveranno lì? Il covid-19 ha fatto chiudere ristoranti e musei, che stanno riaprendo gradualmente, a Londra, a Vienna, in Sardegna o a Praga.

In un’epoca che celebra la discendenza non europea della quasi maggioranza degli statunitensi, l’importanza di visitare Africa, Asia, America Latina e Medio Oriente non ha bisogno di spiegazioni. Le decisioni vanno prese paese per paese. Molti viaggiatori, nel corso degli anni, hanno valutato le avvertenze su possibili disordini o sull’atteggiamento verso donne, persone lgbt o componenti di minoranze religiose. Continueremo a seguire le statistiche sul covid-19 come se fossero rivelatrici e profetiche.

Rimanere al sicuro

È un sollievo essere vaccinati e andare dove anche tutti gli altri lo sono. Ma esistono vari modi di organizzare viaggi in luoghi dove c’è una minore disponibilità di vaccini e rimanere al sicuro, facendo in modo di non diventare vettori del contagio. Si possono evitare i luoghi affollati, indossare la mascherina e andare a cena in un posto all’aperto quando il clima lo consente.

Un verso della poesia Ulysses di Alfred Tennyson dice:

Non posso smettere di viaggiare: berrò Ogni goccia della vita

Cominceremo con passi incerti ed esitanti. Ma un anno fa molti di noi avevano paura a spingersi più lontani del negozio in cui facevano la spesa

Molti viaggiatori incalliti condividono questa coraggiosa impazienza, quest’idea che il mondo sia pieno di avventure e divertimenti che implorano di essere vissuti. Ho visitato circa la metà dei quasi duecento paesi del mondo, e la lista dei miei preferiti è uno strano assortimento: il Regno Unito, perché vivo lì parte dell’anno; la Mongolia, per la sua bellezza selvaggia e la sua autenticità senza confini; la Russia, per le venature d’idealismo che animano la sua intellighenzia nonostante un regime autoritario; l’Afghanistan, per il tipo di ospitalità, che non ho mai visto altrove; la Namibia, perché nessun paesaggio toglie il fiato più del deserto del Sossusvlei;­ il Perù, per il cibo e la storia; il Brasile, per le sue feste e la sua malinconia, difficile da spiegare a parole.

La lista potrebbe andare avanti. In passato ho scritto di quando ho ballato con un amico, in una notte di luna piena, per gli abitanti del villaggio di un altopiano delle isole Salomone; di quando sono rimasto bloccato nel ghiaccio in Antartide; della solenne tragedia delle persone e della straordinaria umanità dei gorilla in Ruanda; e del viaggio più pericoloso che abbia mai fatto, in Australia, dove ho trascorso mezza giornata a mollo nel Pacifico in tuta da sub dopo che la barca che mi aveva portato lì si era allontanata senza di me. Pensare a un mondo dove simili avventure sono impossibili significa immaginare un mondo molto meno vitale di quello che ho conosciuto.

Parte della nostra formazione

All’inizio di maggio ho preso il mio primo volo di linea da quando le limitazioni ai viaggi si sono allentate e il mio vaccino ha raggiunto la sua massima potenza. Sono andato in Texas a trovare mia figlia. Non mi sono sentito in grave pericolo. È stato psicologicamente fastidioso, ma non ho mai amato aeroporti e aerei. Non ho mangiato né bevuto niente a bordo, e ho indossato sempre la mascherina.

Ma c’è stato anche un sentimento di gioia e nostalgia nel riprendersi i cieli, simile a quello provato quando sono tornato nell’università dove avevo studiato o nei luoghi dove passavo le vacanze da bambino. Mentre penetravamo attraverso le nuvole, arrivando fino a un’altezza superiore ai dodicimila metri, con quel sole tanto familiare a chi viaggia in aereo, ho ritrovato la gioia inquieta che avevo scoperto abbracciando per la prima volta i miei amici dopo essermi vaccinato. La quarantena mi aveva permesso di trascorrere più tempo con mio marito e mio figlio, mi aveva concesso vari giorni per scrivere e una rassicurante routine. Ma uscirne è stato comunque un sollievo.

Anche con i timori che l’accompagnano, viaggiare è una liberazione. Le cose, i luoghi e le persone che ho amato e amerò sono rimaste là fuori tutto questo tempo e non ci sono più catene ai piedi che mi obbligano a restare a New York. Il prossimo settembre voglio tornare a Londra per il cinquantesimo compleanno di un amico e vedere i miei sette figliocci inglesi. Sono stato lontano dal Regno Unito, di cui ho la cittadinanza, più a lungo di quanto non abbia mai fatto da quando avevo 12 anni. Viaggiare non è solo una questione di divertimento. Il viaggio è una parte necessaria della nostra formazione, per tutta la vita. Il naturalista ottocentesco Alexander von Humboldt scrisse: “La visione del mondo più pericolosa è quella di quanti non hanno visto il mondo”. I limiti delle nostre bolle ci hanno fatto un po’ impazzire durante il lockdown, e per molti di noi anche rimanere chiusi nel nostro paese è stato devastante. Il successo di ogni nazione dipende dalla curiosità dei suoi cittadini. Se la perdiamo, perdiamo la nostra bussola morale.

E per quanto desidero andarmene altrove, allo stesso modo non vedo l’ora di accogliere altre persone su queste sponde. È inquietante camminare nei musei di New York e non sentire il frastuono di cento lingue diverse. Viaggiare è una strada a doppio senso. Speriamo che ci sia presto un traffico incolonnato in entrambe le direzioni.

Alla fine di Paradiso perduto, Adamo ed Eva sono cacciati dal giardino dell’Eden, e John Milton non fa mistero dell’angoscia che li assale per essere stati mandati via. Ma non finisce la sua opera su questa nota amara, perché la cacciata da un luogo significa la possibilità di trovarne un altro, nonostante le esitazioni con cui è stato intrapreso questo processo:

Lacrime naturali scivolarono / dai loro occhi, ma le asciugarono subito; il mondo / stava davanti a loro, dove guidati dalla Provvidenza / scegliere il luogo in cui fermarsi; la mano nella mano, per la pianura dell’Eden e a passi lenti e incerti presero il loro cammino solitario.

È così che torneremo al regno delle possibilità che c’era prima del covid-19. Man mano che il virus sarà sotto controllo, ci rimetteremo in viaggio con rinnovato vigore. Il mondo è tutto davanti a noi. Cominceremo forse con passi lenti e incerti, prudenti ed esitanti. Ma a pensarci bene, un anno fa molti di noi avevano paura a spingersi oltre il negozio in cui facevano la spesa. Oggi ci viene restituito un intero pianeta da esplorare, anche se con cautela. ◆ ff

Andrew Solomon insegna psicologia clinica alla Columbia university, negli Stati Uniti. In Italia ha pubblicato Il demone di mezzogiorno (Mondadori 2013).

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Questo articolo è uscito sul numero 1417 di Internazionale, a pagina 78. Compra questo numero | Abbonati