I clienti della sua pizzeria, a Saint-Étienne, in Francia, lo chiamavano Rocco, ma lui si presentava come Paolo Dimitrio. In realtà questo pizzaiolo, che nel luglio 2021 si era fatto fotografare dal giornale Le Progrès vantando la sua “cucina italiana fatta solo con prodotti freschi e fatti in casa”, si chiama Edgardo Greco, 63 anni. Dal 2006 per la giustizia italiana era un “super latitante” ricercato per l’appartenenza alla ’ndrangheta, l’organizzazione criminale calabrese.
All’1.45 della notte tra il 1 e il 2 febbraio 2023, mentre il suo forno si era appena raffreddato, è stato arrestato dalla polizia giudiziaria locale e dagli agenti francesi specializzati nella lotta al crimine organizzato, in collaborazione con i carabinieri di Cosenza. L’operazione, pianificata con la massima riservatezza, è stata condotta nell’ambito del progetto I-Can per contrastare le organizzazioni criminali, avviato nel 2020 dall’Interpol. Ora Greco dovrà rispondere del suo passato criminale, quello di un killer del clan Perna-Pranno, uno dei più potenti.
Prima di rifarsi una vita a Saint-Étienne, Greco aveva scalato i gradini della gerarchia mafiosa grazie alle sue imprese criminali e al suo talento di rapinatore di banche e di furgoni portavalori. Nel momento in cui la guerra di mafia insanguinava la Calabria, Greco era stato aggredito dai componenti del clan Pino-Sena, e questo lo aveva spinto a scegliere il clan dei loro nemici, i Perna-Pranno.
Fin dagli anni ottanta Greco si era conquistato il soprannome di “killer delle prigioni”, in seguito a un’aggressione con il coltello contro il boss Franco Pino durante l’ora d’aria. Non era riuscito a ucciderlo, ma si era fatto la fama di uomo spericolato. Fu però un duplice omicidio particolarmente crudele a valergli la reputazione di killer spietato, e a spingere la Direzione distrettuale antimafia (Dda) della procura di Catanzaro a dargli la caccia.
Il 5 gennaio 1991 Greco aveva attirato in una pescheria di Cosenza due fratelli che volevano rendersi autonomi, Stefano e Giuseppe Bartolomeo, e li aveva uccisi selvaggiamente con una sbarra di ferro. Ma il suo lavoro non era ancora finito. Tre anni dopo, per non lasciare alcuna traccia delle vittime, aveva disseppellito i loro corpi e li aveva sciolti nell’acido. In seguito, sperando in uno sconto di pena, aveva accettato di collaborare con la giustizia. Poi dopo qualche piccola confessione aveva cambiato idea e scelto la latitanza. Ma mentre la maggioranza dei latitanti della ’ndrangheta preferisce nascondersi in Calabria, vicino ai loro complici e al loro territorio, Greco era andato lontano.
Si vantava della sua specialità, una pasta flambé in una forma di parmigiano
Dal 2006 era diventato ufficialmente latitante, sottraendosi all’esecuzione della misura cautelare in carcere emessa dal gip di Catanzaro, nell’ambito del maxiprocesso Missing. Durante la sua latitanza, il 16 maggio 2014 era stata data esecuzione al mandato di arresto europeo affinché scontasse l’ergastolo per l’omicidio dei fratelli Bartolomeo. Ma Greco era riuscito a non farsi trovare, a parte qualche indizio e delle piste false, fino a quando non si è fatto fotografare sorridente sulle pagine del Progrès.
Sulle pagine del quotidiano locale francese si vantava della sua specialità, una pasta flambé in una forma di parmigiano, raccontando della nonna calabrese e del suo sogno di ricreare un piccolo angolo d’Italia in Francia, con un “menù basato sulle specialità regionali”. Ma “questo bravo cittadino di Saint-Étienne da quattordici anni”, come precisava l’articolo, non avrebbe dovuto abbassare la guardia così.
Una pseudonormalità
I carabinieri di Cosenza, che si erano rimessi sulle sue tracce alla fine del 2019, hanno trovato nell’articolo la foto recente e sorridente di un uomo il cui ultimo ritratto noto mostrava un volto dall’aspetto sinistro. Greco usava il nome di Paolo Dimitrio, un delinquente pugliese senza alcun legame con la mafia calabrese. Nel frattempo è stata smascherata anche la sua rete di complici.
“Questa cattura assume una forte dimensione simbolica perché Greco era una figura di spicco della ’ndrangheta degli anni ottanta e novanta, anche se secondo le nostre indagini non era più coinvolto in attività criminali”, sottolinea Marisa Manzini, magistrato della procura di Catanzaro. “In gioventù Greco aveva già lavorato nel campo della ristorazione”, continua Manzini. “ Riprendere questa attività in Francia gli ha permesso di ritrovare una situazione di ‘pseudonormalità’, attraverso il lavoro che faceva prima di diventare un killer”.
Greco, il cui arresto è stato festeggiato anche dal ministero dell’interno italiano, è in attesa di essere estradato in Italia, di cui si era fatto ambasciatore gastronomico. ◆ adr
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Questo articolo è uscito sul numero 1498 di Internazionale, a pagina 36. Compra questo numero | Abbonati