In un’intervista uscita da poco, in vari discorsi sull’esistenza o meno di un regime in Italia e il posizionamento dell’arte al riguardo, Francesco Guccini lamenta l’assenza di un cantautorato “pesante” che gli sia familiare e gli faccia venire voglia di ascoltare le canzoni che sono in circolazione. È un giudizio massimalista con un fondo di verità, ma dipende da cosa si va ad ascoltare. La resistenza alla retorica, ai gesti istituzionalizzati e consunti del discorso politico, in Italia non si trova nella classica canzone d’autore dalle aspettative egemoniche e radiofoniche, ma sul fronte sperimentale, più nascosto e vivo. Ed è addirittura capace di travalicare i confini nazionali.

Per visualizzare questo contenuto, accetta i cookie di tipo marketing.

In Love insurrection, brano dei Primal Scream all’interno del loro ultimo disco Come ahead, Bobby Gillespie va dritto sul nostro bisogno di amore e ribellione, in un’atmosfera apparentemente innocua di funk & love, per lasciare il passo alle seguenti parole affidate a una voce femminile: “Dicono che siamo impossibilisti, sognatori romantici, non ancora cresciuti, le nostre richieste ingenue e stupide, le nostre credenze una religione fallita, ma come è certo che il sole domani sorgerà così faranno i figli del futuro”. È inevitabile pensare che si tratti di un lascito, seppure in toni più benigni, delle passate collaborazioni con Marco Bertoni dei Confusional Quartet e Franco Berardi Bifo in Desert (2022) e Wrong ninna nanna (2020). Una teoria “pesante” ce l’abbiamo sempre avuta, anche nelle canzoni; ne va preservato il magma. ◆

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1590 di Internazionale, a pagina 98. Compra questo numero | Abbonati