Un vero exploit quello della romana Sonno: porta a contemplare più volte le sequenze e la grande maggioranza delle vignette, sia per la bellezza del disegno sia per i paesaggi evocati, che tendono all’astrazione per giunta. C’è un’eleganza sia compositiva sia nei movimenti del segno grafico mediante un approccio minimalista. Quanto ai colori, sono usati magistralmente in chiave simbolica in questo racconto di una guerra civile indefinita a causa di un catastrofe altrettanto indefinita, dove i paesaggi esteriori e interiori si equivalgono e il racconto intimista di una malattia, fisiologica e mentale, prende una forma tanto allegorica che metaforica. Variazione di La strada di Cormac McCarthy – di cui abbiamo recensito di recente lo straordinario adattamento del francese Larcenet –, Sonno, all’opposto di Larcenet che spinge su una sorta di espressionismo radicale, recupera lo stile di scrittura delicato ed evocativo dell’autore statunitense, con il suo tratto altrettanto delicato e le infinite gradazioni di grigio, creando fessure perfino nel nero. E concettualmente rovescia i cardini comunemente intesi della catastrofe usando molto il grigio misto al giallo e al seppia per evocare una primavera perenne, congelata nel tempo, e mette due sorelle al centro della guerra, o del trauma psicologico. Tutto può cambiare, in un soffio, con una bomba, reale o no. Perché la guerra è anche quella familiare. ◆

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Questo articolo è uscito sul numero 1565 di Internazionale, a pagina 86. Compra questo numero | Abbonati