Dopo una delle peggiori sconfitte della sua storia, quella del 2019, il Partito laburista ha ottenuto una delle sue vittorie più schiaccianti. Nel 2020 Keir Starmer, appena diventato leader del partito, aveva dichiarato che avrebbe dovuto fare il lavoro di Neil Kinnock, John Smith e Tony Blair (tre grandi leader laburisti) in un solo mandato. Smentendo ogni pronostico, è riuscito nell’impresa.

Secondo una lettura molto popolare, Starmer avrebbe semplicemente approfittato dell’autodistruzione dei conservatori. In realtà il suo successo è frutto anche delle sue capacità: ha capito che doveva concentrarsi sull’economia e sulla sicurezza. I britannici non si sono certo innamorati dei laburisti, ma non ne sono più spaventati. La strategia della paura cavalcata dai conservatori è stata sconfitta.

Eppure, nonostante il partito abbia ottenuto 411 seggi su 650, il suo trionfo sembra insolitamente fragile. Uno dei motivi è lo scarto tra la percentuale di voti ottenuta (33,7 per cento) e i seggi conquistati, circa due terzi del totale. Questo fenomeno è il risultato di una scelta consapevole, cioè concentrarsi sulla “qualità” invece che sulla “quantità” dei voti. In altre parole, in un sistema maggioritario uninominale a turno unico è indispensabile puntare ai voti che contano. Nel 2017 l’allora leader laburista Jeremy Corbyn aveva raccolto il 40 per cento dei voti (quasi tredici milioni), ma appena 262 seggi, perché il partito aveva accumulato consensi “inutili” nei centri urbani. Oggi, invece, anche se ha l’egemonia in parlamento, Starmer non può sostenere di parlare a nome del paese. Stavolta la scarto tra il vincitore e il secondo qualificato nei collegi elettorali è stato in media di 6.700 voti, nel 2019 era di 11.200: era dal 1945 che questa differenza non era così ridotta.

A guastare il trionfo laburista non c’è solo questo. In diverse circoscrizioni il partito è stato nettamente bocciato. Alcuni suoi candidati sono stati sconfitti da figure indipendenti, perché gli elettori si sono ribellati alla posizione di Starmer sulla guerra a Gaza. L’intervista concessa alla radio Lbc subito dopo l’attacco di Hamas del 7 ottobre, in cui il leader laburista aveva detto che Israele aveva il diritto di privare la Striscia di Gaza di acqua ed elettricità, è stata un terribile boomerang. A Islington nord Corbyn, espulso dal partito da Starmer, si è imposto con un margine di 7.247 voti. Questi risultati significano che la sinistra radicale, anche se marginale, rimarrà una presenza importante nel prossimo parlamento.

Ma chi più preoccupa la squadra di Starmer è il populista Nigel Farage, che ha conquistato il suo seggio con uno scarto di 8.405 voti. Dopo aver preso di mira i conservatori, Farage si prepara ad attaccare i laburisti. In alcune circoscrizioni Reform Uk è stato il loro principale avversario.

Anche se l’ampiezza della maggioranza laburista ricorda il 1997, oggi l’atmosfera è del tutto diversa. Qualcuno ha citato il 2005, quando il partito guidato da Blair vinse ma fu punito per la sua politica mediorientale (in quel caso la guerra in Iraq). In questa nuova epoca di frammentazione politica, sul Labour party incombono diverse minacce: i Verdi a sinistra, Reform Uk a destra e perfino un’improbabile riscossa dei conservatori. Starmer ha promesso un “decennio di rinnovamento nazionale”, ma sa bene che la vittoria potrebbe evaporare in un solo mandato. La pressione affinché ottenga risultati immediati in settori come economia, servizi pubblici, immigrazione, alloggi e criminalità è enorme. La valanga laburista è stata sorprendente, ma nasconde parecchie insidie. ◆ as

Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it

Questo articolo è uscito sul numero 1571 di Internazionale, a pagina 22. Compra questo numero | Abbonati