Che la somma dei quadrati costruiti sui cateti di un triangolo rettangolo sia uguale al quadrato costruito sull’ipotenusa è un principio che s’impara presto e che non ci si dimentica più, anche se è raro applicarlo. Meno nota è la storia di questo teorema associato al nome di un personaggio misterioso, Pitagora, secondo la tradizione vissuto nel sesto secolo avanti Cristo. Il matematico Paolo Zellini in questo libro prezioso la ricostruisce, a partire dalla Mesopotamia antica e dall’India vedica dei primi millenni prima di Cristo, quando il teorema era già noto, probabilmente perché aiutava a riflettere su un problema che stava a cuore a queste culture: come riuscire a ingrandire gli altari lasciando inalterata la loro forma. Anche all’epoca di Pitagora il teorema era un principio usato nella religione e nella filosofia, che aiutava a interpretare il mondo e addirittura a comportarsi, dato che il quadrato era associato in modo sistematico alla giustizia. Così, la storia del teorema dopo Pitagora diventa la vicenda di un progressivo processo di distacco della matematica dalle radici rituali, metafisiche e morali. Un processo che passa per Euclide, che nei suoi elementi ne offre, secondo Zellini, una dimostrazione arida. E continua con la rivoluzione scientifica, che rende il numero, principio del mondo nel pensiero pitagorico, solo la sua misura. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1534 di Internazionale, a pagina 90. Compra questo numero | Abbonati