L’Agenzia internazionale per lo sviluppo (Ida) fa parte della Banca mondiale e dovrebbe aiutare i paesi più poveri del mondo. La sua missione è “ridurre la povertà fornendo prestiti e finanziamenti a interessi zero o a interessi molto bassi per programmi che stimolino la crescita economica e riducano le disuguaglianze”. L’Ida fornisce circa un quarto dei fondi sotto forma di finanziamenti e la parte restante come prestiti agevolati, che possono essere rimborsati nell’arco di trenta o quarant’anni. Nell’anno fiscale che si è concluso il 30 giugno 2020 l’Ida ha promesso quasi 30,5 miliardi di dollari ai paesi a basso reddito. L’11 ottobre i 173 paesi membri dell’agenzia s’incontreranno per mettersi d’accordo sull’ultimo esborso di fondi, che secondo le stime si aggira sui 94 miliardi di dollari per il biennio 2021-2023. Non è una cifra altissima, tenuto conto della devastazione economica provocata dalla pandemia nei paesi poveri.
I paesi a basso reddito sono stati distrutti da una combinazione di crisi sanitaria, crollo delle esportazioni, aumento globale dei prezzi dei generi alimentari, contrazione dell’economia interna, crollo delle entrate fiscali ed esposizione al debito estero. Secondo la Banca mondiale nel 2021 altri 97 milioni di persone, in gran parte in Africa, si ritroveranno in condizioni di povertà estrema. Per aiutarle non basteranno 47 miliardi di dollari all’anno. Secondo le stime del Fondo monetario internazionale, i paesi a basso reddito avranno bisogno di circa 200 miliardi di dollari da qui al 2025 solo per riprendersi dalla pandemia, e di altri 250 miliardi di dollari per tenere il passo delle economie avanzate. Ma anche dei finanziamenti dell’Ida più contenuti potrebbero essere d’aiuto.
Il fatto che per aiutare i paesi poveri la Banca mondiale insista sui finanziamenti privati, invece che su quelli pubblici, rischia di peggiorare le conseguenze della pandemia
Quanti di questi soldi andranno davvero ai governi che hanno un disperato bisogno di aumentare la spesa pubblica per la sanità, la protezione sociale e la ripresa? Purtroppo c’è il rischio che i fondi dell’Ida siano usati in parte per favorire il settore privato. Questo perché la Banca mondiale, in linea con il suo metodo “a cascata” elaborato nel 2017, ha introdotto un modello che privilegia le opzioni di finanziamento privato rispetto all’uso di risorse pubbliche. All’interno di questa strategia, nel 2017 l’agenzia ha lanciato la sua Finestra per i finanziamenti al settore privato (Psw) con lo scopo di raccogliere investimenti privati nei paesi beneficiari. La Psw colloca le risorse del donatore sotto il diretto controllo dell’agenzia della Banca mondiale dedicata agli investimenti nel settore privato, la Società finanziaria internazionale (Ifc), e del suo braccio specializzato nelle garanzie per il settore privato, l’Agenzia multilaterale di garanzia degli investimenti (Miga). Questo significa che i fondi dell’Ida sono usati per finanziare progetti del settore privato sostenuti dall’Ifc e dalla Miga nei paesi a basso reddito e negli stati colpiti da conflitti. Le ragioni per criticare questo reindirizzamento dei fondi per lo sviluppo sono varie. Alcuni hanno accusato la Banca mondiale di mancanza di trasparenza per aver finanziato aziende attraverso procedure di assegnazione dei fondi senza bandi di concorso. La banca inoltre non è stata in grado di dimostrare un sufficiente impatto sullo sviluppo. Infine, alcuni hanno criticato l’incapacità della Psw di indirizzare i progetti di sviluppo verso la lotta al covid-19.
Il fatto che la Banca mondiale insista nella sua strategia orientata ai finanziamenti privati, quando è ovvio che serve un aumento di spesa pubblica, potrebbe in parte essere un riflesso della struttura di governo dell’Ida. L’istituzione di questo organismo, nel 1960, rappresentava un compromesso accettato dai paesi poveri, molti dei quali avevano chiesto alle Nazioni Unite di creare un fondo multilaterale che funzionasse sulla base del principio “un paese un voto” per contribuire a soddisfare i bisogni legati allo sviluppo. L’influenza degli Stati Uniti sulla Banca mondiale escluse quell’ipotesi e oggi i 74 paesi beneficiari dell’Ida hanno meno del 16 per cento del potere di voto. Questo deficit di democrazia a livello multilaterale riduce ulteriormente la capacità dei paesi a basso reddito d’influenzare il processo decisionale.
La crisi esplosa dopo la pandemia nei paesi poveri dev’essere affrontata attraverso canali di finanziamento stabili. Questi canali dovrebbero dare importanza ai finanziamenti a sostegno di servizi pubblici essenziali come la sanità e l’istruzione, accanto alle infrastrutture. Finanziare il settore privato per portarlo a investire nei beni e nei servizi pubblici attraverso l’Ida peggiorerà le conseguenze della pandemia.
L’Ida può essere una fonte importante di fondi destinati alla ripresa dei paesi poveri, a patto che queste risorse siano usate in modo efficace. Per questo bisogna dare risorse direttamente ai governi, e immaginare sistemi alternativi per rafforzare le finanze e i servizi pubblici. Non possiamo più permetterci soluzioni che peggiorano i problemi. ◆ gim
Jayati Ghosh è un’economista indiana. Insegna all’università Jawaharlal Nehru di New Delhi e collabora con diversi giornali indiani.
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Questo articolo è uscito sul numero 1430 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati