È una ripetizione a cui non ci si può abituare. Il 24 aprile, per la terza volta negli ultimi vent’anni, ci sarà l’estrema destra al secondo turno delle elezioni presidenziali francesi, con Marine Le Pen contro Emmanuel Macron. Dall’inizio del secolo il partito controllato dalla famiglia Le Pen ha collezionato un numero di partecipazioni al ballottaggio uguale a quello dei candidati della destra moderata, e più alto della sinistra. E ogni volta la percentuale di voti incassati dall’estrema destra è cresciuta: 19 per cento nel 2002, 26 per cento del 2017 e 32 per cento oggi, se sommiamo le preferenze ottenute da Le Pen, candidata del Rassemblement national, a quelle avute da Éric Zemmour e da Nicolas Dupont-Aignan.
Ballottaggio serrato
Una sequenza che non possiamo sottovalutare. Lo scontro al secondo turno sarà lo stesso di cinque anni fa, ma ora la situazione è molto diversa: nel 2017 le proiezioni degli istituti di sondaggi davano più di venti punti percentuali di vantaggio a Macron, candidato di En marche!, eletto poi con il 66 per cento dei voti. Oggi Macron ha appena quattro punti di vantaggio su un’avversaria sconfitta al primo turno ma che può contare su una riserva di voti superiore rispetto al passato. Dall’avvento della quinta repubblica pochi ballottaggi si sono annunciati così serrati. Dopo la vittoria di Jacques Chirac nel 2002 con l’82 per cento dei voti, lo scudo che protegge la democrazia francese ha continuato ad assottigliarsi.
Per vincere il presidente uscente dovrà cambiare l’atteggiamento che ha segnato la prima fase della sua campagna elettorale
Questo ripetersi e aggravarsi del pericolo, unito a un’astensione che si mantiene a livelli molto alti, dovrebbe metterci di nuovo in guardia sul disfacimento del nostro regime presidenziale. Ma per il momento è più importante occuparsi delle questioni urgenti e opporre un rifiuto netto alla minaccia che è sempre più vicina. Dopo il primo turno molti candidati sconfitti hanno usato una varietà di termini per manifestare la loro opposizione a Marine Le Pen. Secondo Le Monde il rifiuto dell’estrema destra non può avere ambiguità. Prima del voto abbiamo ricordato che il Rassemblement national è contrario tanto ai nostri valori quanto all’interesse della nazione.
L’elezione di Marine Le Pen alla presidenza della repubblica rappresenterebbe un attacco allo stato di diritto e una regressione della lotta contro la catastrofe climatica, una revisione delle nostre alleanze nel peggior momento possibile, quando la guerra atroce imposta da Vladimir Putin in Ucraina sta svelando la vera natura di un regime con cui Le Pen è sempre stata compiacente. La logica vuole che l’unico modo per favorire la sconfitta dell’estrema destra sia quello di invitare la popolazione a votare per Macron.
Questa logica mette il presidente uscente di fronte a una responsabilità storica: riuscire in quindici giorni a neutralizzare un pericolo che i cinque anni di mandato sul punto di concludersi hanno aiutato a rafforzare, anche per colpe personali di Macron. La breve campagna elettorale del presidente in vista del primo turno, condotta male, ha sicuramente contribuito a far crescere la minaccia prima che la svolta drammatica degli ultimi giorni permettesse, in extremis, di arginare le dinamiche indicate dai sondaggi. A Macron servirà molta più abilità per ricostruire una maggioranza sulle rovine del paesaggio politico che lui ha contribuito a far esplodere in due elezioni.
Dalle macerie sono emersi tre blocchi le cui dimensioni sono diventate ancora più imponenti per effetto del voto utile, che per la prima volta ha concentrato il 75 per cento delle preferenze su tre candidati. Accanto agli elettori del presidente uscente e a quelli dell’estrema destra, in un contesto in cui la destra tradizionale di Valérie Pécresse si riduce al 4,8 per cento, troviamo la sinistra. Questa era crollata per prima (e ancora oggi al suo interno il Partito socialista è ridotto ai minimi termini), ma ha saputo avviare un processo di ricomposizione partendo dal sostegno, proveniente soprattutto dall’ala radicale, a Jean-Luc Mélenchon, eliminato per un pelo al primo turno.
Crisi eccezionali
È qui che si deciderà in gran parte la vittoria su Le Pen. Per vincere Macron dovrà cambiare i metodi e l’atteggiamento che hanno segnato la prima fase della campagna, smettendo di rinnegare le cose fatte o di cercare il sostegno di singole personalità. Inoltre non dovrà entatizzare il suo status di presidente uscente, abusare degli slogan o puntare sull’assenza dal dibattito e sulle circostanze senza precedenti in cui si svolgono queste elezioni.
Macron dovrà invece cercare di convincere gli elettori con misure che possano conciliare sanzioni inflessibili nei confronti della Russia e soluzioni urgenti contro il cambiamento climatico, e dovrà tenere conto delle difficoltà che stanno affrontando diverse categorie di francesi, a cominciare dai più esposti all’aumento dei prezzi. Collegare tra loro le crisi eccezionali che colpiscono la Francia può essere un modo per superarle insieme e per mettere gli elettori davanti alla loro responsabilità storica. ◆ as
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Questo articolo è uscito sul numero 1456 di Internazionale, a pagina 42. Compra questo numero | Abbonati