L’arrivo di mio padre in Italia, la mia porta verso l’Europa, è un segreto ben conservato, un non detto di cui conosco poco e non ho mai desiderato sapere di più, quasi per paura di violare un dolore sepolto. È una storia inscindibile dal “silenzio su quella realtà”, e il silenzio è la lingua in cui è raccontata. La protagonista di La piuma cadendo impara a volare, Aida, sta con Daniel da quasi dieci anni, ma il segreto del suo passato tra l’Iraq e la Svizzera è un dolore a cui lui non ha accesso, e di cui non comprende il bisogno di tacere. La distanza fisica tra i due, per pochi mesi, è l’occasione per Aida di ripercorrere la sua storia: la nascita in Iran, i nove anni passati in Svizzera prima del rientro in patria, il rapporto con i genitori eterni stranieri, la fuga con la sorella, perché “la forma peggiore di estraneità è quando non si ritrova più la strada della casa in cui si è cresciuti e si è costretti a chiedere”. Con questo secondo romanzo Usama Al Shahmani torna ai temi dell’esordio, In terra straniera gli alberi parlano arabo (Marcos y Marcos 2021), al senso di smarrimento linguistico e geografico, alla nostalgia dell’esiliato. La lingua dell’autore, iracheno rifugiato in Svizzera, ha nei dialoghi una meccanicità che si può attribuire all’uso del tedesco, e invece si riscalda della poesia della lingua materna quando ricorda la patria, i genitori e l’arabo. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1460 di Internazionale, a pagina 94. Compra questo numero | Abbonati