Il vincitore del National book award del 2021 scompiglia i tradizionali confini della narrativa. Tutto comincia con il tour di uno scrittore che sta promuovendo un romanzo intitolato proprio Che razza di libro!. La linea narrativa segue due trame, quella del narratore, in prima persona, e quella di un ragazzino soprannominato Nerofumo, in terza persona. Entrambe le storie, che a un certo punto s’incontrano, sono raccontate con una penna ironica ed estremamente originale, folle, oserei dire. Si ha la sensazione, man mano che si procede nella lettura, che la separazione tra la realtà e la finzione non sia netta, ma questo l’autore lo mette in chiaro fin da subito quando scrive: “Non mi sono presentato. Sono uno scrittore. Forse avete sentito parlare di me o forse no, ma probabilmente avete sentito parlare del mio libro”. Leggendo Che razza di libro! è impossibile non pensare a Invisible man di Ralph Ellison, i cui temi sulla visibilità e invisibilità degli afroamericani, come gruppo e come individui, tornano anche in queste pagine. Il romanzo di Jason Mott è però un concentrato di diversi elementi: è una satira del mondo editoriale, è una spassosa commedia, una riflessione metanarrativa sull’ingiustizia razziale. Un libro fuori dai canoni, per stupirsi di come una scrittura possa passare dal ridicolo all’emotivo, dal farti ridere al paralizzarti. ◆
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Questo articolo è uscito sul numero 1490 di Internazionale, a pagina 96. Compra questo numero | Abbonati