Camp David, la residenza di campagna del presidente statunitense, occupa un posto speciale nella tradizione diplomatica. Queste terre boscose sono state lo scenario di incontri intimi e negoziati storici, dalle chiacchierate tra Franklin Roosevelt e Winston Churchill ai colloqui di pace tra Israele e i suoi vicini arabi. Il 18 agosto il presidente Joe Biden ospiterà il primo ministro giapponese Kishida Fumio e il presidente sudcoreano Yoon Suk-yeol per il primo vertice esclusivo dei leader dei tre paesi. Nelle speranze dei funzionari, l’incontro entrerà negli annali cementando i legami tra Stati Uniti e due alleati chiave spesso divisi da una storia difficile.

L’attuale assertività della Cina, la belligeranza nordcoreana e l’aggressione russa hanno avvicinato i tre paesi. Le visioni strategiche dei rispettivi governi “non sono mai state così strettamente allineate”, si vanta Rahm Emanuel, ambasciatore degli Stati Uniti in Giappone. A questo ha contribuito anche il recente riavvicinamento tra Giappone e Corea del Sud. Il vertice si concentrerà soprattutto sulla necessità di rafforzare i legami nel campo della difesa. Si parlerà anche di tecnologia e di filiere nel settore dell’energia e dei semiconduttori. È probabile che i leader rilascino una dichiarazione congiunta in cui esporranno i loro interessi condivisi in ambito di sicurezza militare ed economica.

Rafforzare le alleanze
Pur in assenza di una formale alleanza a tre, passaggi simili preludono a uno spostamento strategico nell’area indo-pacifica. Con Moon Jae-in, il predecessore di sinistra di Yoon, la cooperazione in ambito della sicurezza era in stallo e la condivisione di informazioni si era prosciugata a causa dei battibecchi tra Giappone e Corea del Sud sulle atrocità commesse dal Giappone in epoca coloniale, situazione che favoriva Cina e Corea del Nord. A maggio Kishida ha effettuato il primo viaggio ufficiale di un leader giapponese nella capitale sudcoreana Seoul da oltre un decennio.

Le forze armate dei tre paesi hanno ripreso a collaborare. A giugno i ministri della difesa di Stati Uniti, Giappone e Corea del Sud si sono incontrati e hanno promesso di iniziare a condividere in tempo reale informazioni sui lanci di missili nordcoreani. L’obiettivo di un coordinamento più stretto tra i tre paesi è segnalare alla Corea del Nord e ad altri aspiranti attori aggressivi che “in caso di attacco saremo in grado di gestire la situazione”, per riprendere le parole di Wi Sung-lac, ex diplomatico sudcoreano e negoziatore in ambito nucleare.

Da quando Yoon è salito al potere sono aumentate le esercitazioni militari. A maggio un cacciatorpediniere che batteva una controversa bandiera di epoca imperiale ha fatto scalo in un porto della Corea del Sud; il governo di Yoon ha minimizzato l’incidente, un piccolo segnale del fatto che le preoccupazioni attuali in ambito di sicurezza hanno la precedenza sulle rivendicazioni storiche.

Per la Corea del Sud il problema centrale resta la Corea del Nord. Il Giappone è più preoccupato della Cina e del possibile conflitto su Taiwan

Le discussioni trilaterali hanno avuto una portata molto ampia. Quando i governi parlano, “non si limitano a parlare solo di penisola coreana, parlano più in generale di area indo-pacifica”, osserva Christopher Johnstone del Centre for strategic and international studies, un centro studi di Washington. Agli occhi di Giappone e Stati Uniti la Corea del Sud è un attore chiave nell’Asia sudorientale, un’area in cui entrambi i paesi cercano di contrastare l’influenza cinese. Grazie ai rapporti più cordiali è stato inoltre possibile discutere più in profondità di semiconduttori: a quando riferito, la Samsung sta pianificando di investire in una nuova fabbrica di chip in Giappone.

La Cina osserva con attenzione. I funzionari di Pechino sollecitano una ripresa di colloqui trilaterali ad alto livello tra Cina, Giappone e Corea del Sud, allentatisi negli ultimi anni. “Questa è gelosia da vertice”, scherza Emanuel. Nel corso di un forum che si è tenuto di recente a Qingdao, Wang Yi, un importante diplomatico cinese, si è rivolto così ai giapponesi e ai sudcoreani presenti: “Potete tingervi i capelli di biondo e affilarvi il naso quanto vi pare, ma non diventerete mai europei o americani”.

È improbabile riuscire ad allontanare Giappone e Corea del Sud dagli Stati Uniti ricorrendo ad appelli espliciti. Esistono però dei limiti all’avvicinamento dei tre paesi. I sospetti tra Giappone e Corea del Sud sono ancora radicati. La costituzione giapponese rende difficile l’ingresso del paese in nuove alleanze formali. Per la Corea del Sud, una presenza o un ruolo militare giapponese nella penisola è ancora una questione controversa. Persino la condivisione delle informazioni è “difficile da accettare per i coreani”, afferma Choi Eun-mi dell’Asian institute, un centro studi di Seoul.

I tre paesi poi hanno diverse priorità in ambito di sicurezza. Per la Corea del Sud il problema centrale resta la Corea del Nord. Il Giappone è più preoccupato della Cina e del possibile conflitto su Taiwan, di cui la Corea del Sud non ha molta voglia di parlare. Gli Stati Uniti avevano sperato di lanciare un dialogo trilaterale sull’ampliamento della deterrenza nucleare, l’impegno a utilizzare le forze nucleari americane per difendere gli alleati. Tuttavia Corea del Sud e Giappone hanno approcci differenti alle questioni atomiche. “Il Giappone vorrebbe che un ampliamento della deterrenza fosse il più possibile invisibile, mentre la Corea del Sud la vorrebbe il più possibile esplicita”, afferma Sahashi Ryo dell’università di Tokyo. Sia Giappone sia Corea del Sud si lamentano delle politiche commerciali statunitensi. La Corea del Sud è tuttavia più riluttante all’idea di isolare la Cina.

Le politiche interne ai tre paesi minacciano di annullare i progressi diplomatici. La maggior parte dei sudcoreani concorda sulla necessità di migliorare le relazioni con il Giappone, ma molti ritengono che Yoon abbia insabbiato i crimini del Giappone. La soluzione da lui proposta lo scorso mese di marzo a un caso di cui si è discusso a lungo in tribunale riguardante la questione del lavoro forzato in epoca coloniale continua a non avere molto seguito. Vincolato dall’ala conservatrice nazionalista del suo partito, è improbabile che Kishida possa fare ulteriori concessioni. Se nel 2027 dovesse essere eletto un candidato del partito di Moon, ideologicamente mal disposto nei confronti dei giapponesi, il lavoro di Yoon potrebbe azzerarsi. Altrettanto dannoso sarebbe negli Stati Uniti un secondo mandato per Donald Trump, con il suo disprezzo per le alleanze.

L’imminente vertice ha quindi essenzialmente lo scopo di iniziare a mettere in sicurezza i progressi compiuti negli ultimi mesi. Secondo Sahashi, i leader devono istituzionalizzare i loro rapporti, dando vita a strutture che i loro successori non riusciranno a smantellare con troppa facilità. Questo potrebbe voler dire programmare con regolarità vertici trilaterali e forse perfino creare una linea diretta formale tra i leader. Come spiega Johnstone, passi di questo genere, soprattutto se annunciati in un contesto come quello di Camp David, “diventano qualcosa a cui sarà difficile che i futuri leader possano sottrarsi”.

(Traduzione di Giusy Muzzopappa)

Questo articolo è stato pubblicato dal settimanale britannico The Economist.

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