I prezzi del cacao sui mercati mondiali hanno raggiunto livelli record in seguito ai danni subiti dalle piantagioni dei grandi paesi produttori dell’Africa occidentale. I raccolti alla fine del 2023 sono stati pessimi e non si prevedono miglioramenti nei prossimi mesi. Alla metà di febbraio sul mercato di New York il cacao costava 5.888 dollari alla tonnellata, il 40 per cento in più rispetto all’inizio del 2023. A Londra il prezzo era addirittura raddoppiato, raggiungendo le 4.757 sterline alla tonnellata.
I paesi dove i danni alle piantagioni sono stati maggiori sono la Costa d’Avorio e il Ghana, che insieme forniscono il 70 per cento dei semi di cacao in circolazione nel mondo: a rovinare i raccolti sono state le condizioni meteorologiche avverse riconducibili a El Niño, un fenomeno climatico che riscalda la superficie del mare nella fascia tropicale degli oceani Pacifico e Atlantico, provocando nell’Africa occidentale piogge irregolari alternate a un tempo caldo e secco.
I coltivatori locali hanno dovuto affrontare una serie di malattie delle piante causate dall’eccesso di umidità. Alcuni importanti produttori di cioccolato, come il gruppo statunitense Hershey, hanno avvertito che il rialzo della materia prima ridurrà i profitti, visto che la situazione non dovrebbe cambiare nel resto dell’anno. Già nell’ultimo trimestre del 2023 l’azienda aveva registrato un calo degli utili del 6 per cento, con i consumatori che hanno ridotto la domanda in seguito all’impennata dell’inflazione.
Il rialzo dei prezzi di una materia prima così richiesta e la prospettiva che la tendenza continui nel 2024 ha spinto molti operatori finanziari a fare operazioni speculative, aggravando il problema. Dalla fine del 2022, scrive il Financial Times, alcuni fondi specializzati hanno investito 8,7 miliardi di dollari sui mercati di New York e Londra per assicurarsi contratti futures con scadenza a marzo. Si tratta di accordi in base ai quali una parte accetta di comprare un bene a un prezzo determinato ma a una scadenza futura, scommettendo che un eventuale rialzo le permetterà d’incassare un guadagno.
Secondo Martijn Bron, fino al 2022 responsabile delle operazioni sul cacao e sul cioccolato della Cargill, colosso statunitense del commercio di materie prime agricole, “in questo momento i fondi speculativi hanno un’esposizione senza precedenti verso il cacao. Non sono la causa dei rincari, ma in un mercato caratterizzato da un basso livello di liquidità possono amplificare alcune tendenze fino a livelli estremi”. Gli investitori si sono concentrati sul cacao usando computer superveloci e algoritmi che fanno partire in pochi secondi grandi quantità di ordini. Secondo gli esperti della banca francese Société Générale, negli ultimi mesi il cacao è stato il prodotto che ha contribuito di più ai loro profitti.
I prezzi più alti dei futures, continua il Financial Times, non renderanno più ricchi i coltivatori ghaneani e ivoriani, che attualmente ricevono tra i 1.600 e i 1.900 dollari alla tonnellata. Questi prezzi riflettono le vendite concluse tra dodici e diciotto mesi fa, ha spiegato al quotidiano britannico Fuad Mohammed Abubakar, direttore della Ghana Cocoa Marketing Company, azienda in parte controllata dal governo del Ghana che stabilisce i prezzi all’uscita della piantagione. I rialzi di febbraio, ha aggiunto il dirigente, porteranno qualcosa in più nelle tasche dei coltivatori verso ottobre, all’inizio della nuova stagione.
Proprio il fatto che da anni i piccoli coltivatori di cacao dell’Africa occidentale si accontentano di prezzi bassi e continuano a coltivare questi alberi perché è l’unico modo per sfuggire alla povertà estrema ha permesso ai consumatori del resto del mondo di “godersi i piaceri del cioccolato” senza spendere troppo, osserva Bloomberg. “A differenza di altre materie prime agricole, il cacao non ha sviluppato piantagioni industriali, semplicemente perché con i prezzi di questi anni non sarebbe stato conveniente. Il grosso dei profitti è sempre andato a chi lavora i semi per farli diventare cioccolato, non a chi li coltiva e li raccoglie”.
Finora questi agricoltori sono state “mucche da mungere” per i governi che li tassano, per i commercianti di semi e per l’industria alimentare. Ma ora dopo decenni il sistema non regge più di fronte a una domanda in crescita costante: secondo gli esperti del settore, nel 2024 ci sarà uno scostamento tra domanda e offerta che oscillerà fra le trecento e le cinquecentomila tonnellate, il più alto degli ultimi 65 anni.
Le fabbriche di cioccolato dovranno dare fondo a tutte le loro scorte in magazzino e non riusciranno a ricostruirle facilmente, anche perché nei paesi dell’Africa occidentale le piante di cacao sono relativamente vecchie e nei prossimi anni dovranno essere sostituite. Alla fine, conclude Bloomberg, questa crisi è necessaria, perché servono prezzi più alti per piantare nuovi alberi di cacao, per usare più fertilizzanti e pesticidi e anche per far rallentare una domanda che si è rivelata insostenibile.
Questo testo è tratto dalla newsletter Economica.
Iscriviti a Economica |
La newsletter su economia e lavoro. A cura di Alessandro Lubello. Ogni venerdì.
|
Iscriviti |
Iscriviti a Economica
|
La newsletter su economia e lavoro. A cura di Alessandro Lubello. Ogni venerdì.
|
Iscriviti |
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it