Ho appena finito di leggere Other Russias, un libro del 2017 della fumettista e attivista Victoria Lomasko. È una raccolta di cronache illustrate, cioè di disegni e interviste messi insieme dall’autrice in otto anni di viaggi in giro per la Russia. Anche se è uscito un po’ di tempo fa, per le storie che propone e lo stile immediato con cui lo fa resta attuale.

Il libro è diviso in due parti: “Invisibili” e “Arrabbiati”. Gli arrabbiati sono “persone che cercano di rivendicare diritti che lo stato gli ha tolto”: i manifestanti che hanno partecipato alle proteste dell’opposizione a Mosca nel 2012; Nadja Tolokonnikova e Marija Alëchina, del gruppo punk Pussy riot; la comunità lgbt+; i camionisti in sciopero nel 2015. Gli invisibili sono le immigrate dell’Asia centrale sfruttate nei negozi di Mosca, gli uomini che cercano rifugio nel fanatismo ortodosso, le lavoratrici del sesso, le donne che vivono da sole in periferie abbandonate.

“Considerato che la maggior parte della popolazione russa è ‘invisibile’ a sé e al resto del mondo, questa categoria potrebbe essere ampliata all’infinito. Quello che distingue gli invisibili, in ogni caso, è il loro isolamento sociale: non hanno modi di ‘avanzare’ nella vita, e non hanno accesso alla scena pubblica”, scrive Lomasko.

Scuole invisibili
Di questa prima parte, due capitoli mi hanno colpito in particolare: uno è dedicato agli insegnanti e agli alunni di una scuola rurale, l’altro descrive alcuni detenuti di un carcere minorile in cui l’autrice fa volontariato per quattro anni.

La scuola è quella di Nikolskoe, un villaggio a circa duecento chilometri dalla capitale. Conta 23 bambini e dieci insegnanti, che in molti casi vengono dai dintorni, non ha una palestra o la mensa. “È stata allestita una cucina dietro gli scaffali con i libri, nell’aula più spaziosa. La cuoca è la nonna di uno degli alunni”. La città più vicina, Tula, si raggiunge in pullman in un’ora e mezza, mentre non ci sono autobus che portano al paese accanto, Krapivna, o al capoluogo di provincia.

La strada per Krapivna, usata da diversi insegnanti della scuola, attraversa un fiume che in primavera esce dagli argini e sommerge il ponte. Per andare sulla riva opposta, le persone devono salire su una piccola barca con un motore che s’inceppa di continuo, e che quindi il più delle volte va a remi. I maestri devono passare il fiume due volte al giorno.

I detenuti
Il penitenziario invece è quello di Možajsk, una città a un centinaio di chilometri da Mosca. Lomasko tiene un corso di disegno a cui partecipa una decina di giovani detenuti.

“Non avevamo a disposizione grandi risorse. Per arrivare a Možajsk prendevamo i treni dei pendolari, portando negli zaini il materiale per le lezioni, essenzialmente fogli e penne nere. Il centro con cui collaboravo organizzava il viaggio una volta al mese, se perdevi il treno dovevi aspettare il mese successivo”. Gli studenti della classe cambiano di continuo, perché nel frattempo alcuni hanno ottenuto la libertà condizionale, altri sono stati trasferiti, e altri si aggiungono. Alcuni mostrano di avere avuto una buona istruzione, altri non sembrano mai entrati in una scuola. Molti hanno problemi psicologici.

“Visto che i nostri incontri erano molto saltuari, mi concentravo sullo sviluppo del pensiero analitico (come strutturare il disegno) e sull’empatia (lavorare sull’immagine). Era fondamentale anche aiutare i ragazzi ad avere fiducia in se stessi, così esponevamo i loro lavori alle mostre, li fotografavamo e poi portavamo le foto in carcere”. Il piano sarebbe raccogliere tutti i disegni, le foto e i programmi delle lezioni in un catalogo, ma non riesce. “Tutti i materiali del progetto sono attualmente custoditi al museo Reina Sofía di Madrid, in Spagna. Se fossero rimasti in Russia avrebbero rischiato di sparire”.

Del libro – che esiste nell’edizione inglese, ma si trova anche in francese e in spagnolo – ne parla Lomasko in un’intervista pubblicata su East Journal (tradotta in italiano). L’opera è stata recensita della Los Angeles Review of Books.

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