Il 17 marzo la presidente del consiglio italiana Giorgia Meloni e la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen andranno al Cairo, in Egitto, per firmare un accordo sui migranti sul modello di quello stretto con la Tunisia nel 2023. Insieme a Meloni e Von der Leyen ci saranno anche il primo ministro belga Alexander De Croo e quello greco Kyriakos Mitsotakis. Il 12 marzo, a Strasburgo, la plenaria del parlamento parlerà anche di questo viaggio.

Alla fine di gennaio la commissaria europea agli affari interni, Ylva Johansson, aveva già annunciato che l’Unione europea era pronta a stringere un accordo di questo tipo con Il Cairo. “Certamente l’Egitto è un paese con una situazione molto diversa da quella tunisina. Accoglie nove milioni di migranti, non è quindi un paese di transito, ma con sfide diverse su cui lavorare. Ma nonostante questo il memorandum con la Tunisia può essere un modello”, aveva detto Johansson, precisando però che “l’accordo riguarderà alcuni settori chiave, dalla migrazione all’energia”.

Il 23 gennaio in una riunione a Bruxelles il commissario europeo per l’allargamento Oliver Várhely e il ministro degli esteri egiziano Sameh Shoukry avevano annunciato che l’accordo sarebbe stato raggiunto entro la fine di febbraio e che avrebbe previsto “sei pilastri” o ambiti di intervento: relazioni politiche, stabilità economica, investimenti e commercio, migrazione e mobilità, sicurezza e demografia e, soprattutto, cooperazione energetica.

“Il potenziale dell’Egitto in termini di energia verde è difficile da eguagliare”, aveva ammesso Várhely, dicendo che Bruxelles è interessata non solo al gas naturale, ma anche alle rinnovabili.

L’incontro tra le autorità europee e il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi, tuttavia, sta suscitando molte critiche per la situazione dei diritti umani nel paese, dove migliaia di oppositori politici sono rinchiusi nelle carceri.

“I diritti umani non possono essere oggetto di negoziato”, ha commentato Patrick Zaki, lo studente egiziano che è stato a lungo in carcere in Egitto per il suo impegno politico e che ora vive e studia in Italia.

Per Von der Leyen e Meloni è l’ennesimo viaggio diplomatico congiunto sul tema della migrazione: la settima missione comune in dieci mesi. Il 25 maggio 2023 le due sono andate insieme a Bologna, dopo l’alluvione in Emilia-Romagna; il 12 giugno 2023 a Tunisi, per finanziare la chiusura delle frontiee; il 16 luglio 2023 di nuovo nella capitale tunisina; il 17 settembre 2023 a Lampedusa; il 17 gennaio 2024 a Forlì, ancora per l’alluvione; il 24 febbraio a Kiev, per il primo G7 dell’anno a guida italiana; infine al Cairo domenica prossima di nuovo per il fascicolo migratorio, ma anche per la politica energetica e quella estera, infatti l’Egitto ha svolto un ruolo di mediatore nei negoziati per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza.

Per entrambe le leader politiche la loro alleanza è stata una scommessa: Von der Leyen si è avvicinata a Meloni soprattutto sul tema migratorio perché vuole essere rieletta alla presidenza della Commissione e probabilmente avrà bisogno dell’appoggio dei conservatori nella nuova legislatura che comincerà dopo le elezioni europee di giugno.

Meloni, dal canto suo, ha provato a costruirsi una credibilità internazionale e un ruolo di mediatrice, favorito in questo momento anche dalla presidenza italiana del G7. È lei ad avere voluto in primo luogo un’alleanza con Von der Leyen. Molti analisti sostengono però che questa strategia non abbia pagato in termini politici e che anzi le leader siano state penalizzate da questo avvicinamento. Un punto da sottolineare: è sulla questione migratoria e su un certo approccio repressivo che le due leader hanno costruito la loro alleanza, pensando che su questo tema ci fosse una concordia generalizzata dell’opinione pubblica.

A questo proposito il 6 marzo in una conferenza stampa il leader del Partito popolare europeo Manfred Weber ha confermato che Von der Leyen sarà la candidata del Ppe alla presidenza della Commissione, ma ha anche detto che Von der Leyen sostiene le proposte del Partito popolare europeo (Ppe) di affidare a paesi extraeuropei le domande di asilo di persone già arrivate in Europa prendendo a modello il criticato piano del Regno Unito di trasferire forzatamente i richiedenti asilo in Ruanda. “Dobbiamo ridurre il numero degli arrivi”, ha detto Weber, parlando a Bucarest. “Questo messaggio è importante per la nostra campagna elettorale”, ha aggiunto.

Anche Von der Leyen sostiene questo piano per le domande di asilo, ha assicurato Weber. “Siamo una squadra”. Quello che rimane da capire è se davvero questa alleanza sta favorendo le due leader o invece le sta allontanando dalla loro base elettorale.

Questo testo è tratto dalla newsletter Frontiere.

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