Il 28 ottobre la knesset, il parlamento israeliano, ha approvato a grande maggioranza (92 voti a favore e dieci contrari) una legge che vieta le attività in Israele dell’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi (Unrwa), suscitando le proteste della comunità internazionale. L’Unrwa, che ha un ruolo cruciale nella distribuzione degli aiuti umanitari ai civili palestinesi nella Striscia di Gaza, ha definito il provvedimento “scandaloso”.
Un secondo testo, approvato con 89 voti a favore e sette contrari, vieta ai funzionari israeliani di collaborare con l’Unrwa, mettendo a rischio le attività dell’agenzia ora che Israele controlla tutte le spedizioni di aiuti umanitari verso Gaza. Le due leggi entreranno in vigore novanta giorni dopo la loro adozione. L’agenzia, creata dall’assemblea generale dell’Onu nel 1949, gestisce centri sanitari e scuole nella Striscia di Gaza e in Cisgiordania, inoltre fornisce un’assistenza indispensabile ai rifugiati palestinesi in altri paesi della regione, come Libano, Siria e Giordania. I 750mila palestinesi espulsi in seguito alla creazione dello stato d’Israele nel 1948 e protetti dallo status di rifugiati oggi sono diventati quasi sei milioni.
Il Times of Israel sottolinea che “senza il coordinamento con Israele sarà quasi impossibile per l’Unrwa lavorare a Gaza o in Cisgiordania”, perché Tel Aviv non rilascerà più i permessi d’ingresso in quei territori né consentirà di accordarsi con l’esercito israeliano. The New Arab ricorda che “Israele ha cercato a lungo di smantellare le operazioni dell’Unrwa, accusandola di antisemitismo e di favorire il terrorismo nelle sue scuole”. Dopo il 7 ottobre 2023 Israele ha accusato dodici dipendenti dell’Unrwa di aver partecipato agli attacchi compiuti da Hamas. L’agenzia ha avviato due indagini interne e una ha concluso che nove di loro “potrebbero essere stati coinvolti” negli attacchi e li ha licenziati.
Al Jazeera aggiunge che nell’ultimo anno Israele ha ripetutamente bombardato le scuole dell’Onu a Gaza e ha ucciso più di 220 suoi dipendenti. L’articolo denuncia anche le responsabilità degli Stati Uniti, che hanno dimostrato a più riprese il loro “disprezzo” nei confronti del diritto internazionale, usando il potere di veto al Consiglio di sicurezza dell’Onu per 78 volte dal 1972, 46 delle quali per proteggere il loro alleato israeliano. L’editoriale di Le Monde pubblicato su questo numero di Internazionale aggiunge che l’accanimento di Israele contro l’Unrwa ha l’obiettivo di “far sparire uno dei principali punti di contenzioso di un conflitto diventato secolare: la sorte dei rifugiati palestinesi”.
Oggi l’Unrwa è fondamentale per portare gli aiuti a Gaza, dove l’offensiva israeliana ha causato una catastrofe umanitaria. La sopravvivenza di quasi tutti i due milioni di abitanti della Striscia dipende dal sostegno dell’agenzia. L’operazione lanciata dall’esercito israeliano nel nord della Striscia di Gaza nelle ultime settimane ha spinto diversi osservatori a lanciare l’allarme sul fatto che Tel Aviv starebbe mettendo in atto un piano soprannominato “surrender or starve” (arrendersi o morire di fame), con l’obiettivo di espellere gli abitanti rimasti nella zona (o ucciderli) per poi prenderne il controllo a tempo indeterminato.
Da quando è cominciata l’operazione nel nord il 5 ottobre, circa ottocento persone sono state uccise e 50mila sono state costrette a fuggire. I tre ospedali ancora operativi in quella parte del territorio palestinese sono sull’orlo del collasso, così come gli edifici che ospitano gli sfollati. Il 29 ottobre la difesa civile di Gaza ha affermato che almeno 93 persone sono morte nella notte in un bombardamento israeliano a Beit Lahia, nel nord del territorio. Nella città di Gaza e nei suoi dintorni sono rimasti circa 400mila abitanti, che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità vivono in condizioni “catastrofiche”.
In una nota pubblicata il 22 ottobre l’ong israeliana B’Tselem ha denunciato che “è impossibile descrivere l’entità dei crimini che Israele sta attualmente commettendo nel nord della Striscia di Gaza per svuotarla di tutti i residenti rimasti. Va oltre ogni comprensione il fatto che centinaia di migliaia di persone sopportino la fame, la mancanza di cure mediche, bombardamenti e spari incessanti, e che Israele le abbia isolate dal mondo”. La zona è sottoposta a un assedio quasi totale e bombardata senza sosta. A parte casi eccezionali, Israele non consente l’ingresso di aiuti umanitari o di squadre d’emergenza, “approfittando del fatto che l’attenzione internazionale” è concentrata altrove “per cambiare irreversibilmente la realtà sul terreno”, scrive B’Tselem.
Diana Buttu, avvocata ed ex negoziatrice di pace palestinese, conferma al Guardian: “I riflettori non sono più puntati su Gaza, anche se il governo israeliano sta facendo capire chiaramente cosa intende fare. Il motivo è semplice: può farlo. Gli Stati Uniti, le Nazioni Unite, l’Unione europea, chi lo fermerà?”.
Quello che gli esperti chiamano “il piano dei generali” (perché è stato ideato da un gruppo di ex leader militari) o “piano Eiland” (dal nome del suo principale ispiratore, il generale in pensione Giora Eiland) punta a dare un ultimatum ai palestinesi del nord della Striscia per costringerli ad andarsene e poi dichiarare il territorio zona militare chiusa. Chi resta sarà considerato un combattente e quindi un bersaglio legittimo. La fornitura di acqua, cibo, carburante e medicine sarà completamente interrotta. A quel punto, una volta che Hamas si sarà arresa come prevede il piano, la Striscia di Gaza sarà divisa in due in modo permanente e Israele prenderà il controllo della parte settentrionale.
Come sottolinea l’editoriale di Haaretz del 22 ottobre, il piano Eiland equivale a un crimine di guerra, perché si oppone alla risoluzione 2334 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, che stabilisce che la terra non può essere presa con la forza. Vari esponenti del governo israeliano, prosegue Haaretz, considerano il piano come “un’opportunità storica” per tornare nella Striscia di Gaza, il “piatto d’argento su cui saranno serviti” i nuovi insediamenti ebraici nel territorio palestinese.
Questo testo è tratto dalla newsletter Mediorientale.
Iscriviti a Mediorientale |
Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
|
Iscriviti |
Iscriviti a Mediorientale
|
Cosa succede in Medio Oriente. A cura di Francesca Gnetti. Ogni mercoledì.
|
Iscriviti |
Internazionale pubblica ogni settimana una pagina di lettere. Ci piacerebbe sapere cosa pensi di questo articolo. Scrivici a: posta@internazionale.it