Quando nel 2020 i ribelli islamisti sono penetrati nel nord del Mozambico, sono stati gli elicotteri pilotati dai contractor militari sudafricani a salvare le forze governative da una possibile disfatta, che avrebbe minacciato gli investimenti multimiliardari delle aziende internazionali nell’estrazione del gas naturale. La compagnia militare sudafricana Dyck Advisory Group (Dag) è però accusata di aver commesso dei crimini di guerra, sparando indiscriminatamente sui civili e attaccando un ospedale “seguendo modalità ricorrenti d’identificazione indiscriminata degli obiettivi”. Lo denuncia un rapporto pubblicato da Amnesty international, che fa luce sul ruolo svolto dalla compagnia sudafricana nella guerra per il controllo della provincia del Cabo Delgado.
La Dag è intervenuta prestando supporto aereo alle forze di sicurezza locali, dopo essere stata reclutata nel 2020 dalla polizia nazionale mozambicana. Oggi dice di aver aperto un’inchiesta sui fatti denunciati da Amnesty. Le accuse, a detta del gruppo, suscitano “grande preoccupazione, perché la compagnia ha delineato misure precise per il rispetto dei diritti umani e procedure operative standard, prendendo sul serio responsabilità e obblighi”.
Negli ultimi mesi il conflitto nel Cabo Delgado – che oppone il governo a un gruppo ribelle, Al Shabab, legato all’organizzazione dello Stato islamico (Is) ma che porta avanti rivendicazioni molto locali – si è intensificato, costringendo centinaia di migliaia di persone a lasciare le loro case, e moltissime altre sotto la minaccia della fame. La settimana scorsa il governo degli Stati Uniti ha inserito ufficialmente i ribelli mozambicani nella lista dei gruppi terroristici stranieri, enfatizzando i loro legami con l’Is.
Il presidente Filipe Nyusi si è rivolto ai contractor privati per sostenere un esercito demoralizzato e rafforzare la sicurezza intorno agli impianti di estrazione del gas che potrebbero rilanciare l’economia del suo paese, uno dei più poveri al mondo. I mercenari hanno una lunga storia nella regione, in particolare gli ex soldati del Sudafrica dei tempi dell’apartheid e quelli dell’ex Rhodesia.
Alla luce delle recenti denunce, la privatizzazione del conflitto “è un problema grave”, sostiene Adriano Nuvunga, direttore dell’ong mozambicana Centro per la democrazia e lo sviluppo. Nyusi, spiega Alex Vines del centro studi Chatham House, aveva bisogno che il settore privato rafforzasse le forze governative, che un anno fa erano “nel caos e demoralizzate” e che oggi sembrano un po’ meglio coordinate. Il presidente mozambicano voleva anche evitare di affidarsi ad altri paesi della regione o dell’occidente. Il Frelimo, il partito al potere di cui fa parte anche Nyusi, “non vuole ammettere che lo stato è debole e ha bisogno di eserciti stranieri”, sottolinea Vines. “Da qui il ricorso alla sicurezza privata”.
Secondo alcuni resoconti il Mozambico si era rivolto inizialmente al gruppo russo Wagner, ma il centinaio di soldati che aveva inviato sono stati rapidamente sconfitti dai ribelli. Così Maputo ha chiesto aiuto non solo al Dag, ma anche ad altre società private. Il Paramount Group, un’azienda sudafricana specializzata in servizi legati alla difesa e al settore aerospaziale, avrebbe firmato un contratto per la fornitura di veicoli e addestramento all’esercito mozambicano. Il gruppo dichiara che le sue politiche gli vietano di “rilasciare commenti sulla natura e sulla portata dei contratti con i clienti”, ma precisa che tutte le esportazioni hanno ricevuto l’approvazione del governo del Sudafrica.
Il Mozambico si era rivolto al gruppo russo Wagner, ma il centinaio di soldati che aveva inviato sono stati rapidamente sconfitti
Il mese scorso Burnham Global, una società con sede a Dubai che impiega veterani dell’esercito britannico, ha annunciato che il Paramount Group ha acquisito azioni della compagnia e che le due società hanno firmato “un contratto multimiliardario con un governo africano per la fornitura di servizi di addestramento e consulenza militare, allo scopo di contrastare in modo efficace un’insurrezione in corso all’interno dei suoi confini”. Burnham Global non ha parlato specificamente del Mozambico (altri paesi africani, dalla Nigeria al Mali, stanno affrontando ribellioni interne). Le attività di addestramento, ha dichiarato la compagnia, “sono improntate a un rigido codice etico e aderiscono ai più elevati standard internazionali”.
Il ministero della difesa mozambicana non ha risposto alle nostre domande sui gruppi Paramount e Burnham Global. Nessuno dei due impiega soldati. “Il nostro staff è composto da ingegneri, tecnici, architetti navali, progettisti, matematici, avvocati, contabili, manager e così via, ma non da militari o mercenari”, dichiara Paramount.
In ogni caso la presenza delle compagnie private ha fatto nascere molte critiche. Gli elicotteri della Dag hanno permesso di bloccare un’offensiva ribelle che minacciava il capoluogo della provincia, Pemba. Tuttavia, “aprendo indiscriminatamente il fuoco sulla folla, attaccando le infrastrutture civili e non facendo distinzioni tra obiettivi militari e civili, la Dag ha violato il diritto umanitario internazionale”, afferma Deprose Muchena, responsabile di Amnesty International per l’Africa orientale e meridionale. L’ong accusa di crimini di guerra anche i ribelli e le forze di sicurezza mozambicane. Il governo ha sempre negato che i suoi soldati abbiano commesso violenze contro i civili o i prigionieri. Le rivelazioni di Amnesty, però, “sottolineano l’atrocità di questa insurrezione”, afferma Jasmine Opperman, esperta di Africa dell’ong statunitense Acled. C’è bisogno urgente di addestramento militare, precisa. “Puoi avere le armi e gli equipaggiamenti migliori. Ma se le forze governative non sono in grado di usarli in modo efficace, non passerà molto tempo prima che finiscano in mano ai ribelli”.
La proliferazione di accordi con le compagnie di sicurezza private “rende più complicata l’attività di governo” in un conflitto dove le rivendicazioni locali giocano un ruolo molto più importante del terrorismo internazionale, afferma Nuvunga, aggiungendo che le organizzazioni della società civile hanno cercato di informarsi sui termini di questi accordi ma non ci sono riuscite. Secondo Nuvunga, il Mozambico è vittima, anticipatamente, della cosiddetta maledizione delle risorse e ha visto le istituzioni statali sgretolarsi ancor prima che cominciasse l’estrazione di gas naturale.
È fondamentale che sia lo stato a mantenere la sicurezza, non le compagnie private. L’insurrezione è un evidente rischio agli occhi degli investitori. Negli ultimi mesi, a causa degli attacchi, l’azienda petrolifera francese Total ha parzialmente sospeso le attività nel più importante investimento privato in Africa. L’amministratore delegato Patrick Pouyanné vorrebbe un cordone di sicurezza di 25 chilometri intorno agli impianti della Total. Ulteriori ritardi potrebbero mettere a rischio l’avvio della produzione di gas naturale liquefatto, previsto intorno al 2025. “Non vogliamo che la Total diventi un attore militare o un’azienda militarizzata”, dice Nuvunga. “Non vogliamo vedere una replica di quello che è successo in Iraq nel Cabo Delgado”.
(Traduzione di Giusy Muzzopappa)
Quest’articolo è uscito sul Financial Times con il titolo “Mozambique looks to private sector in war against Islamists”.
Tra le vittime della guerriglia jihadista condotta dal gruppo Al Shabab nel Cabo Delgado, nel nord del Mozambico, ci sono anche bambini di undici anni, decapitati davanti agli occhi dei familiari. Lo denuncia l’ong Save the children sulla base di alcune testimonianze raccolte nella regione e pubblicate il 16 marzo. Nell’ultimo anno il gruppo estremista islamico Al Shabab ha moltiplicato gli attacchi contro i villaggi, mettendo in fuga 670mila persone e causando almeno 2.614 morti (per metà civili). Il gruppo armato è attivo dal 2017 e nel 2019 ha giurato fedeltà all’organizzazione dello Stato islamico (Is). Nell’agosto del 2020 ha sferrato un attacco contro Mocimboa da Praia, sede di un importante porto industriale, mantenendo il controllo della città per alcuni giorni. In questa provincia molto povera sono stati scoperti importanti giacimenti di gas naturale, che hanno attirato gli investimenti di grandi aziende petrolifere come la francese Total.
L’ong Amnesty International sottolinea, però, che la responsabilità delle violenze e, in particolare, delle uccisioni indiscriminate in quest’area non è solo degli Al Shabab, ma anche delle forze governative e dei mercenari assoldati da Maputo. L’insurrezione sta sottraendo parti del paese al controllo dello stato e finora è passata relativamente sotto silenzio. Il presidente mozambicano Filipe Nyusi ha imposto un blocco delle comunicazioni sulla provincia, che rende più difficile verificare le informazioni. Nyusi ammette che la povertà e la disoccupazione ampiamente diffuse in quell’area – peraltro ricca di risorse naturali, tra cui il gas – contribuiscono ad alimentare l’insurrezione.–The Africa Report, Bbc
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